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sabato 29 dicembre 2007

Festival Tertio Millennio: un cinema senza frontiere che parla alle coscienze



La manifestazione organizzata dall’Ente dello Spettacolo e patrocinata dal Vaticano pone al centro l’uomo odierno, analizza problematiche e (dis)valori del mondo contemporaneo. Il sito cinematografo.it
di Maria Cristina Locuratolo 29 dicembre 2007 11:51

Identità e disgregazione nel mondo contemporaneo. Questo è stato il tema portante dell’undicesima edizione del Festival Tertio Millennio, organizzato a Roma dall’11 al 16 dicembre dalla Rivista del Cinematografo, dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e realizzato con il Patrocinio del Vaticano. Il festival non è stato semplicemente una rassegna cinematografica ma piuttosto un’occasione di riflessione sulla crisi dell’uomo di oggi e sulla ricerca di un senso che sia in grado di ricostruire identità frantumate, violate, minacciate dalla guerra o dalla povertà, oppure negate. Solo attraverso la memoria è possibile riappropriarsi della propria identità, riconoscerla, comprenderne le radici più profonde. Ma l’identità può diventare pericolosa quando il diritto al riconoscimento diviene pretesa di essere riconosciuti, trasformando tutto ciò che è "diverso" in una minaccia, in un nemico da debellare, in "altro" da me. Per questo è necessaria un’apertura alla pluralità, una rottura di quelle barriere culturali che possono impedire il dialogo tra popoli diversi. Questo festival ci ha presentato tutto ciò.

Obiettivo della manifestazione è stata quella di mostrare la crisi dell’uomo contemporaneo attraverso prospettive e linguaggi differenti, affrontando tematiche di grande attualità: dal dramma del Darfur al conflitto tra Russia e Cecenia, dal degrado del nostro ecosistema alla guerra in Afghanistan, al genocidio armeno. Ma anche i bimbi del Malawi su cui incombe l’incubo dell’Aids e la povertà. Parlando dell’esistenza, non si può non parlare della morte, sia quella di intere città bombardate e distrutte, che quella vissuta tra le pareti di una casa quando viene a mancare una persona cara. L’esperienza della morte irrompe nella vita di ognuno di noi, creando una frattura, uno "strappo", una perdita che provoca dolore e sofferenza, dove solo il ricordo e l’amore sopravvivono.

Un cinema a metà tra documentario e finzione che denuncia e pone punti di domanda ai quali hanno tentato di rispondere durante un Convegno di Studi organizzato all’interno della rassegna, personalità quali il regista russo Alexander Sokurov. Molto interessanti i suoi spunti di riflessione: definisce l’arte come figlia dello spirito, ma vede il cinema come un’arte imperfetta anche se in continua evoluzione. Sicuramente il cinema è la più completa delle arti perché le sintetizza tutte, dalla pittura al teatro, dalla musica alla letteratura, e quindi forse più delle altre forme d’arte è adatta a rappresentare l’uomo e la realtà nelle sue molteplici sfumature, il passato, il tempo che viviamo e forse quello che vivremo, secondo punti di vista anche contrapposti, angolazioni diverse. Lo sguardo di una nonna al fronte di una guerra, emblema di una spiritualità forte e viva, è la prospettiva attraverso la quale il regista Sokurov ci mostra il conflitto tra russi e ceceni, in una terra (la sua) martoriata da guerre. Alexandra (foto in alto a sinistra) è un film che si muove tra la vita e la morte, tra la guerra e la pace. Durante un viaggio in Cecenia, in visita al nipote ufficiale, la donna viene a contatto con gli abitanti del luogo e si rende conto che le differenze tra il suo popolo e quello nemico non sono tali da giustificare un conflitto.

Un cuore grande di Michael Winterbottom affronta il tema afgano attraverso il dramma di Mariane Pearle, a cui Angelina Jolie presta il volto, vedova dell’inviato del Wall Street Journal, sequestrato e barbaramente ucciso a Karachi nel 2002. L’11ora, il documentario ambientalista realizzato da Leonardo Di Caprio, mostra l’allarmante situazione del nostro pianeta e propone soluzioni per evitare la catastrofe. Rispetto per la vita in ogni sua forma e responsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo. La carestia e la piaga dell’Aids sono le tematiche affrontate nel documentario Piedi per Terra realizzato da Amanda Sandrelli durante un suo viaggio in Malawi, dove incontra il piccolo Mobvutu, il bambino adottato a distanza tramite l’Ong Action Aid. Il dramma del Darfur viene documentato dalle immagini filmate da un Marine americano nel film The Devil Came on Horseback.

Rubljovska è una via di traffici mercantili, una strada che costituisce un polo di attrazione per ricchi e potenti, dai zar a Putin. La regista Irene Langmann si interroga sull’altra parte della popolazione, quella povera, e su dove essa sia stata relegata per tenerla lontana da questo microcosmo dorato. Sergio Basso ripercorre in Palestina Il Viaggio di Gesù, ma la sacralità dei luoghi che il regista filma è ora infranta, essi sono divenuti campi di guerra e terre contese tra i popoli. Anche Sergio Lo Cascio compie un viaggio nella memoria nel suo Spazio (des) Aparecidos, documentando i luoghi della dittatura argentina, allora centri di detenzione clandestina, oggi spazi per ricordare i circa trentamila argentini scomparsi. Il poeta e fotografo Armin Wegner si fa testimone del genocidio armeno per mano dei Giovani Turchi attraverso le sue foto e le lettere, documentando impietosamente il dolore e il terrore dell’Armenia nel suo The Genocide Photographer. Simcha Jacobovici compie un altro viaggio nel passato, Charging the Rhino attraverso la storia della sua famiglia e della comunità ebraica del suo paese, la Romania, in cui rievoca lo spettro del nazismo e del comunismo.

Il brasiliano Cao Guimaraes esprime il concetto della vita attraverso il peregrinare, il suo percorso nel film in Andarilho è metafora dell’esistenza umana. The Shifting City racconta con un lungo piano sequenza la Barcellona di oggi, città che secondo il regista Claudio Zulian è in rapida trasformazione.Simone Chichester parla della sua vita in Chicester’s Choice, un viaggio attraverso il Brasile alla ricerca di un padre agonizzante e senza dimora, che l’ha abbandonata da bambina ed è stato per lei e la sua famiglia causa di indelebili cicatrici dell’anima.Sguardo femminile, anche quello della regista danese Susanne Bier, che dà vita ad un dramma intenso e profondo nel film Oltre il fuoco, con Halle Berry e un bravissimo Benicio Del Toro nella parte di un eroinomane, in cui due esistenze distanti si avvicinano nel dolore reciproco e nella tragedia della morte di una persona amata, a riprova del fatto, che laddove ognuno riconosce le ferite dell’altro la comunicazione, intesa nel senso più intimo in cui anche i silenzi non esprimono un vuoto ma un sovraccarico di presenza, e la speranza di una ritrovata umanità diventano possibili."Un giorno alla volta" è la battuta conclusiva dell’ultimo film del festival e sembra quasi racchiudere il senso ultimo della manifestazione: "un giorno alla volta" bisogna far fronte alla paura e al dolore, abbattere il muro della diffidenza e (in)differenza e andare, passo dopo passo, in viaggio verso "l’altro".