
Una “povera piccola ragazza ricca” che diviene una celebrità per poco più dei quindici minuti di fama di cui parlava Andy Wahrol. Una principessa della controcultura americana dai capelli biondo platino e gli occhi marcatamente truccati, incantevole nella sua fragilità, bella e dal fascino glamour, ma destinata ad un declino rapido quanto la sua ascesa. Questo il ritratto, dai contorni un po’ sfumati, di Edie Sedgwick, icona della cultura pop, meteora dello star system: intelligente, carismatica, fuori dagli schemi, nervosa nei movimenti, profonda nello sguardo, dalla bellezza anticonvenzionale e trendy. New York è lo scenario, in cui negli anni '60, Edie, la ragazza con gli occhi dal colore di “due barrette di cioccolato Hershey”, incontra il genio pop Andy Wahrol, che affascinato dallo stile e dalla personalità della ragazza, la erige a “rango” di musa, trascinandola al centro dell'eccentrico e vibrante mondo della “factory”, la sua fabbrica creativa, il luogo dove l’artista dipingeva, girava film, intratteneva i suoi amici.
Edie diventa con estrema facilità uno di quei falsi miti creati da una cultura “usa e getta”, una dea pop idolatrata e poi presto caduta nel dimenticatoio. Warhol è l’artefice di questo nuovo modo di vedere il mondo, la sua arte non inventa ma re-inventa le cose, trasforma una faccia seria in una serie di facce, una scatola di fagioli o un fustino in un oggetto di culto, sbatte l’America in faccia all’America riproponendo all’infinito i simboli effimeri che la rappresentano, probabilmente per sopperire a quel vuoto di valori e di tradizioni culturali che la distingue dalla vecchia Europa. Ma dietro questi simboli, siano essi lattine di Coca cola o volti umani, c’è un uomo, un artista e le sue idee, idee che rivoluzionano, “eccedono”, veicolano la realtà di un’epoca o di una vicenda umana.
Edie offre tutta se stessa alla “factory” con estrema fiducia ed ingenuità; il suo corpo, il suo volto espressivo e la sua stessa vita diventano un oggetto ad uso e consumo di tutti, proprio come una scatola di Campbell Soup. Il rischio è che la sua anima diventi vuota proprio come quella scatola di latta. Neanche l’amore per la rockstar Bob Dylan, che scrive per lei la canzone Just like a woman, riuscirà a salvarla e ad allontanarla dal mondo di Andy, da cui è totalmente sopraffatta. La droga, l’alcool, il lusso, la fama accecano la piccola star proprio come i milioni di flash che la immortalano continuamente, trasportandola in un baratro senza fine.
Il merito e la colpa di Warhol è stato quello di “spezzare il dolore”, trasformandolo in arte, attraverso un'alchimia segreta che combina una storia di violenza, morte e pazzia; i suoi film sulla “povera ragazza milionaria” si possono concepire come antenati dei nostri moderni “reality show”, capovolgendone però la finalità, non esistenze comuni rese eccezionali dai riflettori ma esistenze eccezionali esaltate dall’occhio impietoso della cinepresa.
Così Edie che si sveglia, ordina caffè e succo d’arancia, si trucca, si veste, parla al telefono e racconta alla macchina da presa il suo dolore, la sua rabbia e infine la sua miseria, diviene poi un corpo inerme, abusato, deturpato da lividi, su un letto sfatto, una Venere scesa dal suo Olimpo glorioso a cui nessuno restituirà quel sorriso, ossessivamente ritratto, fotografato, filmato, che lei non è nemmeno più in grado di riconoscere. La stella del firmamento di Warhol diventa uno scarto del sistema produttivo sul quale la filosofia pop costruisce le sue basi, Edie Sedgwick “la prima It girl”, è solo una merce di scambio, e come tale si sottopone alle dure leggi del mercato, riciclabile, vendibile e come tale va rimpiazzata con un nuovo prodotto (le nuova muse di Warhol: la drag queen Candy Darling, l'attrice portoricana Holly Woodlawn )
Nonostante questo, Edie resta la prediletta del “genio”, come l’artista pop amava farsi chiamare dalla ragazza; la relazione tra i due tradisce un legame che va oltre il rapporto artistico, carico di emotività e affinità intellettive, per certi versi morboso. La Sedgwick muore a soli ventotto anni a causa di una overdose, dopo una lunga permanenza nella clinica psichiatrica dove ha trascorso l’infanzia, e il suo breve matrimonio con un paziente. Andy ed Edie condividevano oltre al gusto artistico un folle desiderio di fama, probabilmente li accomunava un altrettanto folle paura della morte, a cui solo il ricordo, tanto più se immortalato e ripetuto all’inverosimile, può sopravvivere. I quindici minuti di fama di Edie hanno influenzato un'intera generazione, e sebbene le siano costati la vita, le hanno garantito l'immortalità.
L'arte di Warhol ci restituisce un'icona di dolcezza e dolore, dai capelli spettinati e il trucco sfatto, ma dietro l'immagine forte di donna indipendente si cela una fragilità struggente e il panico nei confronti del mondo.
Chi conosceva Edie la descrive come una ragazzina intimorita in cui convivevano una carica vitale eccezionale e un passato doloroso, un ottimismo nei confronti della vita e un senso imminente di tragedia. La prima superstar della storia ha l'anima punk e un cuore che si sgretola facilmente, è un angelo nero con lo sguardo sempre perso nel nulla, con le frasi lasciate a metà, i pensieri fumosi, e un urlo di rabbia rotto da un sorriso.
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