
Un artista a tutto tondo Andy Garcia, attore – regista – produttore – compositore – pittore, ma anche un uomo semplice, carismatico e coinvolgente. Nel suo incontro col pubblico al RomaFictionFest intrattiene tutti raccontando di sé e della sua straordinaria carriera, dagli esordi fino ad oggi. Da quando da ragazzino ha abbondonato lo sport per questioni di salute e si è dedicato interamente al cinema, passione che lo ha “infettato” come una malattia, ispirandosi add attori come James Cobrun, Sean Connery e Peter Sellers., ai momenti clou della sua carriera culminati ne Il Padrino III. Sorseggia un caffé, interagisce col pubblico, si concede generosamente come un vecchio amico che parla di sé a cuore aperto. Impeccabile nell’aspetto, indossa un paio di occhiali da intellettuale e sfoggia un paio di baffi che rivela essere non un cambio di look ma un’esigenza di copione per Cristiada, il film che sta girando in Messico con Eva Longoria Parker. A proposito del rapporto tra cinema e televisione, Andy Garcia ha sottolineato la difficoltà, come produttore, di trovare finanziamenti al di fuori del circuito degli studios hollywoodiani.
Esempio lampante è il suo ultimo lavoro City Island, distribuito in Italia da Mikado, prodotto autonomamente per mancanza di investimenti da parte delle majors. Rimpiange gli “anni d’oro” del cinema; nel ’60 e nel ’70 registi del calibro di Coppola e Scorsese raccontavano grandi storie per tutti, mentre ora gli studios hanno un raggio di azione sempre più ristretto investendo solo in produzioni “sicure” e per target di pubblico ben precisi come i blockbusters per adolescenti. Il grande cinema di oggi è totalmente commerciale: Avatar, Spider Man, Il Signore degli Anelli. Così il rapporto piccolo-grande schermo si inverte: le sceneggiature di un certo spessore o trovano produzioni indipendenti o si spostano verso la tv. Sono le tv via cavo americane a distribuire le grandi storie, come la HBO e Showtime. Garcia anticipa che sta per tornare ad interpretare e dirigere una lunga serie, ancora senza titolo, a dieci anni dalla biopic For Love or Country: The Arturo Sandoval Story, tv-movie del 2000 nominato agli Emmy dove l’attore interpretava il famoso trombettista cubano, proiettata per l’occasione al RomaFictionFest. Come regista, Andy Garcia dichiara il suo interesse verso storie più umane e meno fantastiche, non a caso gli innumerevoli progetti a cui ora sta lavorando esplorano alcuni aspetti di vite straordinarie.
Il film dal titolo Hemingway e Fuentes, ad esempio, si focalizza sul periodo cubano del noto scrittore dell’Illinois, che nel film ha il volto di Anthony Hopkins, e della sua amicizia con il pescatore Fuentes, interpretato dallo stesso Garcia. L’amore per Cuba scorre nelle vene di Andy Garcia, così come la sua passione per la musica. Cuba è musica -dice Andy- ma non è un’isola felice. «Tutti i luoghi del mondo hanno problemi ma sono liberi, Cuba no». Il suo primo ricordo di Roma, durante la lavorazione de Il Padrino III, non è dei più felici: «Abitavo in una casa a Quarto Miglio e la prima notte uno zingaro entrò in casa mia spaventandomi a morte anche se non c’era niente da rubare, solo le mie valige e il pianoforte che stavo cominciando a studiare. Volevo chiamare la polizia, ma non conoscevo il numero di emergenza italiano. Passai la notte in bianco e la prima mattina di lavorazione ero uno straccio». Il suo segreto? Avere una “testa dura”, la stessa che gli ha permesso di diventare compositore della colonna sonora del film La Città Perduta, iniziando a suonare il piano da autodidatta.
Del cinema italiano adora il Neorealismo e dei cineasti di oggi apprezza Tornatore, mentre tra gli attori nomina l’amico Beppe Fiorello e Giancarlo Giannini che definisce un interprete superbo. Tra i suoi maestri ispiratori ci sono Coppola, Gordon Willis (direttore della fotografia de Il Padrino), Sean Connery, tutti artisti con cui Garcia ha avuto l’occasone di lavorare. Il fuoco sacro dell’arte è ancora vivo in Andy Garcia che ha trasmesso la sua stessa passione per il cinema alle sue figlie e che ora sembra indirizzato più verso la regia che verso la recitazione, perché -dice- ha ancora tante storie da raccontare e ama osservare il pubblico, le sue reazioni, comunicando al di fuori degli schemi imposti dalle grandi produzioni e dai film con un’anima puramente commerciale. Il RomaFictionFest Award for Artistic Excellence ha premiato la carriera di un artista che sa continuamente reinventarsi, senza cadere in sterili distinzioni tra “cinema e tv”. «Non c’è più differenza fra cinema e televisione. Esiste solo un cinema buono e uno cattivo». Andy ci insegna che non sempre “il medium è il messaggio”: l’arte può trovare diversi canali di comunicazione e forme d’espressione purché sia autentica.