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giovedì 17 marzo 2011

Nightmare Before Christmas: Un incubo di plastilina


Nightmare Before Christmas è un film-cartoon realizzato in stop-motion, la cosidetta tecnica "a passo uno". Pur non essendo stato girato da Tim Burton ma da un suo collega, Henry Selick, la pellicola è un vero è proprio manifesto artistico della poetica burtoniana. Il mondo dark e goticheggiante di Halloweentown popolato da mostriciattoli ed esseri orribilanti di ogni sorta si confronta con quello colorato e allegro di Christmastown abitato da gnomi e folletti operosi. Il segreto del Natale ci viene così svelato tramite la magia di due universi paralleli, magia che si presenta sotto forma di musical. Le canzoni composte da Danny Elfmann compenetrano la storia, ne sono parte integrante. Un carosello di spettri si presenta ai nostri occhi in danze macabre attraversate da dubbi amletici,sentimenti d'amore, riflessioni sulla vita e sulla morte. Un incubo romantico come un sogno, adatto a tutti, una fiaba postmoderna da raccontare, non solo a Natale.

venerdì 4 marzo 2011

RANGO



Un piccolo eroe western dalla “pellaccia” dura e multicromatica con la voce e il fascino di Johnny Depp. Geniale rivisitazione del regista Gore Verbinski del genere western in chiave cartoonistica. Imperdibile.


Una piccola lucertola vive come un animale domestico tra le pareti di vetro di un terrario, ha per fidanzata una Barbie menomata e come “coperta di Linus” un pesciolino giocattolo. Assillato da dubbi amletici e crisi d’identità, si trova letteralmente scaraventato nell’arido deserto del Majave, dove vaga fino al selvaggio West: Dirt, un cittadina polverosa e piena di guai. La città è in declino per via della mancanza di acqua e i suoi abitanti hanno bisogno di credere in qualcosa, un miracolo o un eroe che possa risollevare le loro tristi sorti.

La lucertola dà sfogo alla sua camaleontica natura e alle velleità attoriali e si reinventa, fingendosi un leggendario avventuriero dal grilletto facile e il cuore coraggioso: Rango.

Gore Verbinski inaugura una formula vincente che coniuga un genere “duro” come il western ai cartoon tradizionali: nella caratterizzazione di Rango c’è lo zampino del “camaleontico” Johnny Depp a cui il regista si è ispirato per creare il personaggio. Molte le analogie tra Rango e Depp: entrambi sono spiriti liberi, sono attori che amano interpretare ruoli grandiosi e forse ambedue non sono del tutto sicuri di essere quello che sono, avendo a disposizione molteplici facce e anime.

Guardando il verde eroe si può facilmente riconoscere la famosa “allure” di Jack Sparrow, pirata disneyano che ha segnato il sodalizio artistico tra Depp e il regista. E i più attenti noteranno una citazione di Paura e Delirio a Las Vegas in una scena del film, ma se vogliamo anche nell’idea di un viaggio spirituale tra realtà e allucinazione.

Una vasta gamma di personaggi avanza, ognuno con la propria storia, nella cittadina cadente dando ad essa un respiro reale e un senso di eternità, come se Dirt esistesse da sempre e, nel contempo, potesse cessare di esistere all’improvviso per la mancanza di un bene così vitale come l’acqua.

Oltre Rango c’è Borlotta (Isla Fisher), la lucertola che si blocca nei momenti meno opportuni, Priscilla (Abigail Breslin) la piccola topina dispettosa, Carcassa (Alfred Molina), l’armadillo che diventa la guida spirituale del protagonista, il Sindaco corrotto con le sembianze da tartaruga (Ned Beatty), solo per citarne alcuni. Colpo di genio: i quattro gufi mariachi che cantano le gesta dell’eroe, annunciandone erroneamente più volte la morte.


Rango è un personaggio che mette d’accordo grandi e piccini, non si può non amare perché è un mix di assurdità: goffo e leggendario, sotto la pelle di lucertola sembra avere un cuore umano.

C’è un’energia vibrante in questo film che pur rispettando pienamente i codici del genere western alla John Ford e dell’animazione classica tra gag e inseguimenti alla Looney Tunes, spazia tra la slapstick comedy al romanticismo, dalla comicità all’umorismo più sofisticato.

La magia di Rango non scaturisce solo nella storia, nei personaggi ben assortiti o nell’ambientazione, ma risiede gran parte nella tecnica utilizzata.

Verbinski parla di “emotion capture”, un esperimento che ha trasformato il set in un grande laboratorio teatrale dove di fatto ogni attore recitava con il costume di scena, simulando le azioni dei personaggi del cartoon, consentendo così al regista di catturare il naturale sentimento della recitazione attraverso lo sguardo, il corpo, la mimica e la gestualità di ogni componente del cast per poi trasferirlo nei personaggi animati.

La dimensione del viaggio di Rango è epica e spirituale: il camaleonte salva la città e ritrova se stesso e il suo posto nel mondo, da outsider diviene leggenda. Il deserto come metafora della vita: un affascinante luogo di pericolo, di introspezione e di esplorazione in cui bisogna perdersi per ritrovarsi, per rispondere alla fatidica domanda esistenziale “Chi sono io?”. Ad una metamorfosi corporale, la mutevolezza cromatica della pelle di un camaleonte, corrisponde un rinnovamento spirituale.

Le carte vincenti di Rango sono tante, ma forse l’asso nella manica è proprio la gioiosa scoperta con cui si conclude: proprio perché si può essere qualsiasi cosa, si sceglie di essere quello che si è, scoprendo magari di avere la “pelle” di un eroe.