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venerdì 25 gennaio 2008

Cade il sipario sul mondo, si accendono i riflettori su Will Smith


Nel suo ultimo film, Will Smith si muove in una New York desolata per salvare l’umanità distrutta da un virus artificiale. La storia dell’ultimo superstite in un film che non è solo di fantascienza.

di Maria Cristina Locuratolo 25 gennaio 2008 20:34

2012, New York. La città dall’anima più autenticamente metropolitana appare deserta, spettrale, evanescente nella sua solitudine, irreale nel suo silenzio. Si respira la morte per le sue strade, si respira la fine del mondo. Unico uomo sulla terra, sopravvissuto alla spaventosa epidemia di un virus artificiale, ideato per sconfiggere il cancro, è un virologo militare, il dottor Robert Neville (Will Smith), che di giorno si aggira nella città desolata e la notte vive barricato nel suo appartamento per sfuggire agli attacchi degli infetti sopravvissuti, esseri completamente disumanizzati, che si muovono nell’oscurità come vampiri, per dare la caccia agli immuni dal virus devastante e infettarli. Il 90% della popolazione mondiale è stata sterminata dall’epidemia, denominata il morbo di Krippin (dal nome della scienzata che ha concepito il virus), trasformandone il 9,8% in zombie, "i cacciatori del buio", che probabilmente hanno ucciso o resi infetti i pochi immuni.

Robert Neville ha visto morire i suoi cari, ha visto morire chiunque abbia conosciuto, ed ora lotta non tanto per istinto di sopravvivenza ma per mantenere quel poco che resta dell’umanità e ricostruirla, sperimentando nuove cure nel suo laboratorio sotterraneo, prima sugli animali, poi su un essere umano modificato dal virus. Robert vive la sua quotidianità secondo una tabella oraria che ne scandisce i tempi. In questo modo vive la sua separazione dal mondo, affronta la paura di essere solo, senza nessuno, e quella della notte, del buio, dietro il quale si celano "gli altri", i nemici. Sono paure primordiali che lo riportano all’origine dell’umanità, come quando si muove nella città ormai divenuta giungla selvaggia, in cui si aggira armato come un cacciatore tra cervi e leoni.

La storia di Io sono Leggenda è tratta da un romanzo di Richard Matheson, scritto nel lontano 1954, ed è il remake di altre due trasposizioni cinematografiche, L’ultimo uomo sulla Terra di Ubaldo Ragona con Vincent Price del 1963, e Occhi bianchi sul Pianeta Terra di Boris Sagal del 1971. Io sono Leggenda tradisce il senso dell’opera letteraria di Matheson che puntava tutto sulla dialettica uomo/mostro, ribaltandone i ruoli, inducendo il lettore a chiedersi "Chi è il mostro?" e chiudendo cinicamente la storia con una presunta uguaglianza tra "normali" e infetti. A parte le evidenti modifiche al testo originale, in questo ultimo film, girato da Francis Lawrence, c’è un elemento in più che all’epoca non era disponibile e cioè l’uso della tecnologia, dettaglio non trascurabile se si considera che la storia è ambientata nel 2012, data che tra l’altro per noi non è poi così lontana.

Will Smith, eroe solitario, ci regala un’ottima prova d’attore, un "one man show" alla Cast Away, anche se lui non è un naufrago né semplicemente un superstite ma uno "strumento" che rientra in un disegno provvidenziale ben preciso, ha insomma un ruolo salvifico. Anche se il film si presenta come un’opera fantascientifica, a tratti horror, il tema della fede è decisamente un elemento portante della pellicola. Prima di tutto c’è la contrapposizione secolare scienza/fede, l’uomo che tenta di sostituirsi a Dio in un delirio di onnipotenza ma immancabilmente fallisce o viene punito (e a ben vedere questa è anche una tematica biblica); non a caso gli infetti diventano vampiri, si muovono nelle tenebre creando un vero e proprio inferno sulla Terra e muoiono bruciati dalle fiamme. Il dottor Neville è inoltre un uomo che ha perso la propria fede, anche se continua a cercare uno spiraglio di luce e speranza; alla fine si immola, si sacrifica come Cristo per amore dell’umanità permettendo al mondo di resuscitare. La farfalla, simbolo che ricorda al dottor Neville la figlia ormai morta, e che ritrova tatuata sul collo della donna superstite a cui affiderà il vaccino, è un animale che viene associato all’anima, ossia al luogo dello spirito. New York è stata scelta come ideale scenario di distruzione, nel film è "il punto zero" e non è difficile intravedere in quella città in declino, abitata solo dal terrore, lo spettro agghiacciante dell’11 settembre e del terrorismo, la vera piaga del nostro tempo.

Il cuore del film è comunque nei primi 80 minuti in cui c’è poca azione e brevi monologhi tra Neville e il suo pastore tedesco, cane di talento, ma dove la suspence è alta, ed è percepibile dallo spettatore, quasi a livello epidermico, tutta la sua disperazione nel tentativo di non cadere nell’abisso della follia a causa della solitudine e della mancanza di contatti umani, elementi che minano continuamente alla sua sanità mentale. Gli ultimi 20-30 minuti del film somigliano un pò troppo ad Invasion, altro classico di fantascienza girato dal regista tedesco Oliver Hirschbiegel, spostando l’attenzione sugli effetti speciali, la mostruosità degli infetti e sull’azione che rompono quella atmosfera intimista creata nella prima parte. Ma nonostante questa "pecca" finale è giusto dire che Io sono Leggenda non è semplicemente un film fantascientifico con una scenografia suggestiva e ben realizzata e una buona performance del protagonista, ma cela significati profondi legati all’umano e al divino, e Robert Neville-Will Smith – ben lontano dal rappresentare il "superuomo" invincibile "made in America" - è un eroe cristiano che offre la propria vita per la salvezza dell’umanità.

mercoledì 16 gennaio 2008

Sulle ali del fantasy


Dal Mago di Oz ad Harry Potter, dal Signore degli Anelli a La Bussola d’oro: oggi come ieri le storie fantastiche incantano platee di tutto il mondo e bambini di ogni età. Il fantasy: un po’ di storia

di Maria Cristina Locuratolo 16 gennaio 2008 12:03

Bambini dai poteri straordinari, luoghi incantati, sortilegi, pirati e navi volanti, fate benevole, streghe ammalianti, nani e quant’altro: storie con questi ingredienti sono da sempre un passpartout per altre oscure magiche dimensioni, distanti anni luce dalla realtà e inalterate dal tempo, luoghi sacri dell’immaginazione.

E’ il lontano 1939 quando Il Mago di Oz, una delle storie per bambini più popolari in America, viene portata sul grande schermo da Victor Fleming, regista noto per Via col Vento, e diviene un classico del cinema statunitense. Il film, tratto dal romanzo omonimo di Frank Baum, pubblicato per la prima volta nel 1900, narra le vicende della piccola Dorothy, trasportata da un violento tornado dal Kansas alla fantastica terra di Oz, dove la bambina vive delle straordinarie avventure in compagnia dello Spaventapasseri, dell’Uomo di Latta e del Leone codardo. Indimenticabile la versione di Over the Rainbow cantata da Judy Garland-Dorothy, una delle scene più amate della storia del cinema.

Il film, che mescola un soggetto fiabesco con il genere del musical, rappresenta la punta di diamante per la casa di produzione Metro Goldwin-Mayer, non solo perchè la storia di Baum vantava una serie di trasposizioni teatrali e riduzioni cinematografiche, ma sopratutto perchè costituiva una sfida per l’imminente uscita nelle sale di Biancaneve e i sette nani, sicuro successo firmato Disney. Ma Il Mago di Oz vuole distinguersi da Biancaneve e i sette nani, a partire dal fatto che si tratta di un film vero girato in technicolor, e non di un cartoon dando il via inconsapevolmente ad un filone che è proseguito nel tempo e che oggi è stato rilanciato e rinnovato. Infatti sarà proprio la Disney a realizzare nel 1985 il seguito non ufficiale del celebre film, basandosi sugli altri due romanzi di Baum (Oz Paese Incantato e Ozma Regina di Oz) ottenendo tra l’altro una nomination all’Oscar per gli effetti speciali e un notevole successo anche come blockbuster.

Altra fantastica storia quella raccontata da Michael Ende e riletta dal regista Wolfgang Petersen è quella di Bastian, un ragazzino che ci trasporta nel magico regno di Fantàsia attraverso un vecchio libro polveroso dal titolo La Storia Infinita. Le avventure di Atreju a cavallo del suo Fortunadrago e della giovane Imperatrice riscuotono enormi consensi tra il pubblico dei giovanissimi, anche perchè il film punta molto sulla spettacolarità delle immagini e sulla visualizzazione delle creature fantastiche del regno di Fantàsia. Prodotto dalla Bavaria Film, La Storia Infinita (1884) è stato il più grande incasso europeo di tutti i tempi, tant’è che ha avuto due sequel, nel 1990 e nel 1994.

Più recente il planetario successo de Il Signore degli anelli, saga tratta dall’omonimo romanzo di John Ronald Reuel Tolkien, e riscritta per il grande schermo dal regista neozelandese Peter Jackson. Gli adattamenti proposti fino all’uscita del primo capitolo della trilogia La Compagnia dell’anello, nelle sale americane il 19 dicembre 2001, erano perlopiù rivolti ad un pubblico di bambini e ragazzi, ignorando gli aspetti più filosofici e concettuali della complessa opera di Tolkien. Persino Stanley Kubrick rinunciò al progetto per la vastità dell’epopea epico-fantasy. Jackson prese questa monumentale opera letteraria e la rilesse secondo gli schemi e gli strumenti del cinema moderno. I tre film (La Compagnia dell’anello, Le due Torri e Il Ritorno el Re) sono stati girati contemporaneamente, in diversi set in Nuova Zelanda, vantano numerosi effetti speciali e un uso frequente della computer grafica. L’avventura dell’hobbit Frodo, ambientata nella Terra di Mezzo, in missione con nove compagni per distruggere il pericoloso e ambito anello del potere ha esercitato un influsso culturale e mediatico su vari livelli, diventando la trilogia cinematografica più amata di tutti i tempi. Non male per un piccolo popolo come quello degli hobbit "che non cerca né fama né gloria".

Un altro eroe, con tanto di occhiali démodé e dotato di poteri magici, entra nelle case di tutto il mondo, grazie alla penna della scrittrice inglese Joanne Rowling nel 1997, e alla Warner Bros che porta il fenomeno letterario sul grande schermo nel 2001. La saga del maghetto Harry Potter si svolge nella scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts, un castello incantevole in mezzo alle montagne e prevede sette episodi che corrispondono a sette anni di vita del piccolo mago all’interno della scuola. La serie ha conquistato finora la platea mondiale, non solo bambini, ed è attualmente la più produttiva della storia superando James Bond e Star Wars, anche se mancano ancora due episodi alla fine. Un successo così travolgente non può non avere rivali, molti critici contrappongono all’opera della Rowling Le Cronache di Narnia (a cui peraltro la scrittrice si ispira), serie di sette romanzi fantasy per ragazzi scritta da C.S. Lewis. La storia si svolge nel reame di Narnia, i protagonisti sono dei bambini, gli animali sono parlanti e la magia regna sovrana. L’eterna lotta tra il bene e il male viene riproposta dall’autore e messa in scena dalla Walden Media insieme alla Walt Disney nel 2005 con il primo episodio Il Leone, la Strega e l’Armadio.

Un altro fantasy però sembra possedere tutti i requisiti per replicare il successo de Il Signore degli anelli ed Harry Potter, si intitola "La bussola d’oro", ed è tratto dal primo capitolo della trilogia di Philip Pullman Queste oscure materie e narra la storia di una dodicenne coraggiosa, Lyra, che si ritrova coinvolta in un’epica avventura per salvare il suo migliore amico dalle grinfie di una terribile organizzazione che rapisce bambini per uccidere i loro daimon, trasfigurazione animale dell’anima di ognuno. I contenuti della storia come l’opera di Tolkien si prestano ad una doppia lettura, quella fantasiosa adatta ai più piccoli, e quella filosofico/religiosa per gli adulti. Ma oltre alla trama, la vera garanzia di successo è il cast ricco di grandi nomi, da Nicole Kidman, per la prima volta cattiva nei panni della glaciale Signora Coulter, ai nuovi volti della saga di Bond Daniel Craig ed Eva Green fino alla piccola ma talentuosa Dakota Blue Richards. Il film, diretto da Chris Weitz, è ricco di immagini "ad effetto": l’avventura della piccola Lyra si svolge tra il mondo reale e una dimensione parallela, ma entrambe le ambientazioni sono connotate da suggestioni onirico-fantastiche conferendo al film un’atmosfera magica ed incantata.

Meritano inoltre di essere menzionati Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, un vero classico per bambini, scritto da Roald Dahl e portato sul grande schermo la prima volta nel 1971 da Mel Stuart, e recentemente nel 2005 da Tim Burton con Johnny Depp nei panni di Wonka al posto di Gene Wilder, e Lemony Snicket- Una serie di sfortunti eventi, storia che si sviluppa in tre libri, uno dei quali è diventato un film nel 2004 diretto da Brad Silberling e interpretato da un cast di attori notevole, da Jim Carrey a Meryl Streep, da Dustin Hoffman a Jude law che fa la voce narrante.

Il fantasy, dunque, oggi come ieri, è un genere che si adegua ai desideri e ai sogni di grandi e piccini, spesso mescolandosi con la commedia sentimentale ed eccezionalmente con l’animazione tradizionale, come è successo con l’ultimo prodotto Disney Come d’incanto, o con un gusto più goticheggiante e dark come ha provato a fare Guillermo Del Toro col suo Il Labirinto del fauno, oppure assume toni e colori più romantici divenendo la favola che tutti vorrebbero leggere come accade in Stardust di Matthew Vaughn. In futuro l’appuntamento con la fantasia è nelle sale cinematografiche con Mr Magorium e La fabbrica delle Meraviglie, film che promette molto bene con Hoffman e Natalie Portman e con un altro classico della letteratura per l’infanzia Alice Nel Paese delle Meraviglie, fiaba non-sense di Lewis Carrol, riscritta secondo lo stile visionario di Tim Burton.

Si può dunque affermare con certezza che il fantasy è una forma narrativa-cinematografica vincente che per di più tende a migliorare, sia a livello visivo grazie alle nuove tecnologie, sia a livello qualitativo. Questo genere infatti, pur attingendo da fonti letterarie consolidate, riesce a rinnovarsi e a ringiovanirsi restando sempre al passo con i tempi e con i gusti del pubblico e inoltre, sopratutto ultimamente, si avvale anche di grandi interpreti. Del resto cos’è il cinema se non una "fabbrica di sogni", una "magia" allo stato puro che rende vero e reale ciò che non lo è?