
Nel suo ultimo film, Will Smith si muove in una New York desolata per salvare l’umanità distrutta da un virus artificiale. La storia dell’ultimo superstite in un film che non è solo di fantascienza.
di Maria Cristina Locuratolo 25 gennaio 2008 20:34
2012, New York. La città dall’anima più autenticamente metropolitana appare deserta, spettrale, evanescente nella sua solitudine, irreale nel suo silenzio. Si respira la morte per le sue strade, si respira la fine del mondo. Unico uomo sulla terra, sopravvissuto alla spaventosa epidemia di un virus artificiale, ideato per sconfiggere il cancro, è un virologo militare, il dottor Robert Neville (Will Smith), che di giorno si aggira nella città desolata e la notte vive barricato nel suo appartamento per sfuggire agli attacchi degli infetti sopravvissuti, esseri completamente disumanizzati, che si muovono nell’oscurità come vampiri, per dare la caccia agli immuni dal virus devastante e infettarli. Il 90% della popolazione mondiale è stata sterminata dall’epidemia, denominata il morbo di Krippin (dal nome della scienzata che ha concepito il virus), trasformandone il 9,8% in zombie, "i cacciatori del buio", che probabilmente hanno ucciso o resi infetti i pochi immuni.
Robert Neville ha visto morire i suoi cari, ha visto morire chiunque abbia conosciuto, ed ora lotta non tanto per istinto di sopravvivenza ma per mantenere quel poco che resta dell’umanità e ricostruirla, sperimentando nuove cure nel suo laboratorio sotterraneo, prima sugli animali, poi su un essere umano modificato dal virus. Robert vive la sua quotidianità secondo una tabella oraria che ne scandisce i tempi. In questo modo vive la sua separazione dal mondo, affronta la paura di essere solo, senza nessuno, e quella della notte, del buio, dietro il quale si celano "gli altri", i nemici. Sono paure primordiali che lo riportano all’origine dell’umanità, come quando si muove nella città ormai divenuta giungla selvaggia, in cui si aggira armato come un cacciatore tra cervi e leoni.
La storia di Io sono Leggenda è tratta da un romanzo di Richard Matheson, scritto nel lontano 1954, ed è il remake di altre due trasposizioni cinematografiche, L’ultimo uomo sulla Terra di Ubaldo Ragona con Vincent Price del 1963, e Occhi bianchi sul Pianeta Terra di Boris Sagal del 1971. Io sono Leggenda tradisce il senso dell’opera letteraria di Matheson che puntava tutto sulla dialettica uomo/mostro, ribaltandone i ruoli, inducendo il lettore a chiedersi "Chi è il mostro?" e chiudendo cinicamente la storia con una presunta uguaglianza tra "normali" e infetti. A parte le evidenti modifiche al testo originale, in questo ultimo film, girato da Francis Lawrence, c’è un elemento in più che all’epoca non era disponibile e cioè l’uso della tecnologia, dettaglio non trascurabile se si considera che la storia è ambientata nel 2012, data che tra l’altro per noi non è poi così lontana.
Will Smith, eroe solitario, ci regala un’ottima prova d’attore, un "one man show" alla Cast Away, anche se lui non è un naufrago né semplicemente un superstite ma uno "strumento" che rientra in un disegno provvidenziale ben preciso, ha insomma un ruolo salvifico. Anche se il film si presenta come un’opera fantascientifica, a tratti horror, il tema della fede è decisamente un elemento portante della pellicola. Prima di tutto c’è la contrapposizione secolare scienza/fede, l’uomo che tenta di sostituirsi a Dio in un delirio di onnipotenza ma immancabilmente fallisce o viene punito (e a ben vedere questa è anche una tematica biblica); non a caso gli infetti diventano vampiri, si muovono nelle tenebre creando un vero e proprio inferno sulla Terra e muoiono bruciati dalle fiamme. Il dottor Neville è inoltre un uomo che ha perso la propria fede, anche se continua a cercare uno spiraglio di luce e speranza; alla fine si immola, si sacrifica come Cristo per amore dell’umanità permettendo al mondo di resuscitare. La farfalla, simbolo che ricorda al dottor Neville la figlia ormai morta, e che ritrova tatuata sul collo della donna superstite a cui affiderà il vaccino, è un animale che viene associato all’anima, ossia al luogo dello spirito. New York è stata scelta come ideale scenario di distruzione, nel film è "il punto zero" e non è difficile intravedere in quella città in declino, abitata solo dal terrore, lo spettro agghiacciante dell’11 settembre e del terrorismo, la vera piaga del nostro tempo.
Il cuore del film è comunque nei primi 80 minuti in cui c’è poca azione e brevi monologhi tra Neville e il suo pastore tedesco, cane di talento, ma dove la suspence è alta, ed è percepibile dallo spettatore, quasi a livello epidermico, tutta la sua disperazione nel tentativo di non cadere nell’abisso della follia a causa della solitudine e della mancanza di contatti umani, elementi che minano continuamente alla sua sanità mentale. Gli ultimi 20-30 minuti del film somigliano un pò troppo ad Invasion, altro classico di fantascienza girato dal regista tedesco Oliver Hirschbiegel, spostando l’attenzione sugli effetti speciali, la mostruosità degli infetti e sull’azione che rompono quella atmosfera intimista creata nella prima parte. Ma nonostante questa "pecca" finale è giusto dire che Io sono Leggenda non è semplicemente un film fantascientifico con una scenografia suggestiva e ben realizzata e una buona performance del protagonista, ma cela significati profondi legati all’umano e al divino, e Robert Neville-Will Smith – ben lontano dal rappresentare il "superuomo" invincibile "made in America" - è un eroe cristiano che offre la propria vita per la salvezza dell’umanità.
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