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lunedì 14 aprile 2008

Un amore al gusto di mirtilli per Norah e Jude



Il regista Wong Kar-wai ci dà nuovamente prova del suo talento e della sua sensibilità nella sua prima opera girata negli States. Jude Law e la straordinaria cantante Norah Jones insieme per dar vita ad una storia ricca di suggestioni e romanticismo.

di Maria Cristina Locuratolo 14 aprile 2008 23:04

“My Blueberry Nights”, titolo intraducibile in italiano e banalmente trasformato in “Un bacio romantico”, è un viaggio attraverso i sentimenti, nei reconditi spazi della memoria e del rimpianto, tra i deserti silenziosi e le musiche struggenti di chi ci ha amato e poi ci ha abbandonato. Ancora più struggenti se hanno la voce grandiosa e le note magiche di Norah Jones. Un viavai di ricordi che cerchiamo di dimenticare perdendoci nel frastuono della quotidianità, nell’oblio dell’alcol, nel brivido del gioco d’azzardo, nei tramonti infuocati. Guardiamo il mondo attraverso gli occhi appannati dalle lacrime di Elizabeth (Norah Jones) e di Jeremy (Jude Law), tra le nuvole di fumo di una sigaretta che si confondono tra i pensieri annebbiati, dietro i vetri sfumati e le insegne luminose di un bar che diventa luogo di incontro e di speranza. Ascoltiamo il loro dolore anche se tutto continua a scorrere, ecco un tram passare, un aereo che vola nel loro cielo malinconico, dei passi che si avvicinano. Lo scenario cambia, non è più la suggestiva Hong Kong di Wong Kar Wai a vibrare di vita e romanticismo, ma una nostalgica New York e gli spazi di un’America che inneggia alla libertà e all’avventura on the road. La storia è talmente intima e delicata che lo spettatore ha quasi la sensazione di violare il segreto e la sacralità di quell’intimità con il proprio sguardo che si posa commosso sui volti stanchi di due anime ferite, graffiate, unite dal fato in una notte fatta di nostalgie e cose perdute, di chiavi dimenticate e porte rimaste chiuse. E di torte mai mangiate al gusto di mirtilli, che creano un legame inspiegabile ed indissolubile tra chi le ha preparate e chi le consuma.

Un film di Wong Kar Wai che parla dell’elaborazione del lutto amoroso, del senso di perdita, dell’abbandono, della fine delle cose e dell’inizio di qualcos’altro. Un bacio suggella questo momento di passaggio, di transizione, di sospensione. Un bacio per togliere via l’amarezza e insieme i resti di panna e le briciole dalle labbra di Elizabeth addormentata. I volti, gli sguardi, gli stati d’animo dei protagonisti si imprimono nei nostri occhi; il regista riprende i loro piccoli gesti quotidiani (fumare una sigaretta o lavare un bicchiere), ne esprime tutto il senso e il pathos, racconta l’universo dei suoi personaggi e il loro incontro attraverso i dettagli di queste malinconie notturne. In silenzio soffriamo, ci emozioniamo fino a commuoverci quando vediamo Norah e Jude vicini sulle note di “Yumeji’s theme” brano in cui Wong Kar Wai si autocita riferendosi al suo capolavoro “In the mood for love”. Inizia così il viaggio di Elizabeth tra New York, Memphis, Las Vegas e ritorno, ma sopratutto tra le pieghe della sua verità, negli abissi profondi di un cuore spezzato. A New York ha lasciato un fidanzato che non la vuole più e che ora ama un’altra donna e un barista abbandonato dalla propria ragazza, depositario di chiavi dimenticate, che è diventato per lei un confidente e un amico con cui condividere il mal d’amore tra dolci che nessuno vuole mangiare nelle notti gelide ed insonni. I personaggi che la ragazza incontra nel suo singolare tragitto sono uno specchio in cui può riflettere se stessa. Elizabeth comprende e condivide il dolore altrui, il suo sguardo è com-passionevole e mai distratto, è quasi come se attraverso le ferite degli altri riuscisse a curare le proprie, prendere le distanze dal suo dolore. Andare via per vedere le cose farsi sempre più lontane e piccole.

Un poliziotto (David Stathairn) affoga nell’alcool il dispiacere per un amore perduto ma mai dimenticato fino alla disperazione assoluta e alla morte. Di lui resterà soltanto un lunghissimo conto in sospeso al pub cui si recava ogni sera a bere. Una giovane giocatrice d’azzardo (Natalie Portman), diffidente nei confronti della vita e del prossimo, sarà per un tratto compagna di viaggio di Elizabeth tra i cieli sconfinati d’America. Insieme piangeranno la morte del padre della spregiudicata pokerista. Il percorso iniziatico di Elizabeth è fatto di tappe in cui la ragazza delinea i propri sentimenti anche e sopratutto mettendoli in relazione con quelli degli altri. Il barista con cui Elizabeth ha condiviso una torta e inconsapevolmente un bacio diventa testimone di questi incontri e di questa crescita interiore attraverso estemporanee cartoline che la ragazza gli invia da ogni luogo che visita senza che lei gli lasci la possibilità di risponderle. Una comunicazione a senso unico, una sorta di diario di viaggio che contiene parole, riflessioni profonde, altrimenti non esprimibili se non attraverso la scrittura, che stabilisce un filo invisibile ma tenace tra Elizabeth e Jeremy, il quale si sta innamorando di lei senza che neanche possa accorgersene.

Così Jeremy attende ogni notte che la ragazza ritorni, si disfa delle chiavi di cui era depositario perchè comprende che alcune porte sono destinate a rimanere chiuse per sempre. E che non tutte le chiavi aprono tutte le porte e che qualora la chiave che abbiamo depositato apra la porta che vogliamo non sempre dietro c’è chi ci aspettiamo di trovare. Gli oggetti hanno vita propria come i sentimenti e come questi hanno una scadenza. Dopo 300 giorni e notti di attesa e di rinascita, i due ragazzi si rincontreranno al bar; le chiavi non ci sono più, ma c’è la torta di mirtilli che Jeremy ha preparato come ogni sera nella speranza che qualcuno la mangi. Il suo sapore e il suo aspetto sono diversi perché Elizabeth ora è cambiata, è una persona nuova e anche Jeremy non è più lo stesso perché finalmente si è lasciato alle spalle il passato. Come il gelato si unisce per confondersi e sciogliersi alla torta, così le anime dei due si riconciliano e costituiscono un tutt’uno in un bacio questa volta ricambiato, preludio di un nuovo viaggio da compiere insieme. Wong non è semplicemente un regista, è un poeta dell’immagine e dei sentimenti, il cui sguardo ci restituisce una realtà fatta di piccoli attimi (come lo è in questo caso il bacio). Momenti che dilata nel tempo, cogliendoli nelle loro infinite sfumature e angolazioni, rallentandoli, per non lasciarli scivolare via ma imprimerli nella memoria e nell’anima, rendergli lo spazio che meritano e consacrarli per sempre proprio perché unici ed irripetibili.

giovedì 3 aprile 2008

La Signora del Pop diventa regista


Madonna dirige la sua opera prima, il film "Filth and Wisdom" in cui racconta i suoi difficili esordi attraverso le vite di giovani personaggi in cerca di fama, aggiungendo al suo "sogno americano" il fascino europeo e la magia di Londra.

di Maria Cristina Locuratolo 3 aprile 2008 13:55

Alle soglie dei cinquant’anni la popstar Madonna continua ad intraprendere nuove sfide per lo più anticonvenzionali, a sperimentare, a stupire critica e pubblico, trasformando quasi sempre quello che produce in oro. E’ una donna senza età, coraggiosa, sempre sexy e al passo con i tempi. Anticipa mode, o meglio, le detta, riesce sempre ad attirare su di sè gli occhi (ed i riflettori) del mondo intero da oltre vent’anni.

La sua versatilità, il suo essere così camaleontica e inevitabilmente provocatoria, sempre pronta a nuovi look e nuove tendenze musicali l’ha resa un modello per colleghe più giovani di lei che hanno intrapreso la carriera di popstar: dalla sfortunata Britney Spears all’"ugola d’oro" Christina Aguilera fino alla bellissima Gwen Stefani. Più che una diva è una vera propria icona, sempre ai confini tra sacro e blasfemo, sin da quando negli anni Ottanta cantava “Like a Virgin” inguainata in improbabili tutine di latex, con reggiseni di latta e crocifissi enormi al collo e giocava col sesso sovvertendo i rapporti uomo-donna, subordinando il potere maschile a quello femminile.

Ora la “Material Girl” è cresciuta, pur mantenendo intatta la sua anima pop e trasgressiva; è più dolce, addirittura materna quando appare sui giornali con i figli Lourdes Maria e David Banda. Ma la voglia di ammaliare, di incantare il proprio pubblico sia con una canzone che con uno spettacolare show dal vivo rimane la stessa degli inizi. Il suo nuovo album, in uscita il 28 Aprile, ha un titolo che ben racchiude l’ambiguità dell’artista, la dualità della sua personalità: “Hard Candy”. Nome che allude ancora al sesso che la popstar definisce maliziosamente “una cosa dura e dolce come una caramella” ma Madonna assicura anche che questo cd “sarà come un calcio...ma tuttavia piacerà molto”.

“Filth and Wisdom (“Sporcizia e Saggezza”) è l’opera prima della “signora Ciccone” come regista. Il film, presentato all’ultimo Festival di Berlino, racconta la storia di alcuni ragazzi che stanno cercando il loro posto nel mondo con tutte le ansie e le paure che questo comporta. C’è una parte di Madonna nei personaggi del suo film, dalla ballerina che non avendo un palco su cui esprimere la propria arte, si esibisce con la lap dance, al musicista che gira per far conoscere la propria musica. A vent’anni la popstar lottava per trovare la propria strada prima come ballerina poi come cantante, tentava di sopravvivere a New York sgomitando, guadagnando quel poco che le serviva per avere un tetto sulla testa e qualcosa da mangiare. La “caccia alla fama” prevede alti e bassi, rovesci della fortuna, una via verso il paradiso per cui è obbligatorio passare dall’inferno (la “sporcizia” per arrivare alla “saggezza”) ma, come si sa, “audaces fortuna iuvat”.

La strada in ascesa verso il successo è ben racchiusa nel personaggio interpretato da Eugene Huntz, leader dei gipsy punk Gogol Bordello, e già attore, nei panni di uno zingaro matto, nel film “Ogni cosa è illuminata”. In “Filth and Wisdom” i protagonisti hanno un’anima nomade che affascina molto Madonna in quanto reputa che una vita “da zingari” sia aperta a più possibilità, e anche lei in un certo senso si sente un pò vagabonda perchè adora girare il mondo per conservare quel sapore di profondità ed autenticità che ogni viaggio porta con sè. Il “sogno americano” di Madonna si trasforma nel film in un sogno tutto europeo, per la precisione londinese; è infatti la cupa e grigia Londra a fare da sfondo alla storia e non la Grande Mela poichè è nella capitale britannica che la star ora vive con la famiglia. La storia vissuta dai protagonisti del film mostra come la libertà, quella sorta di “illuminazione” che permette di dare una svolta alla propria vita, può avere origine anche da e in un luogo difficile e squallido; l’esistenza umana si muove sugli opposti, così si può partire dal basso per arrivare al sublime.

Dal punto di vista stilistico la pellicola è un “pout-pourri” di generi diversi, si va dalla commedia al musical, dal videoclip al dramma, dando vita ad un’opera post-moderna che mutua immagini e riferimenti dalla tv, dalla danza alla fotografia, dalla moda al panorama musicale contemporaneo, perfettamente in linea con la regista, eccentrica, non catalogabile, decisamente pop. La libertà produttiva ha permesso a Madonna di fare un lavoro autoriale e autobiografico, ironico ed autoironico, con musiche sue e di artisti cari alla star: la colonna sonora è cantata da Britney Spears e alcuni pezzi sono composte da Alexander Kolpakov, zio del protagonista Eugene Hutz.

Ma forse l’aspetto veramente interessante del film è la modalità di fruizione anticonvenzionale e democratica che la regista ha scelto per il suo pubblico; la pellicola infatti non sarà proiettata al buio di una sala cinematografica nè sarà un blockbuster da incassi record ma potrà essere visibile unicamente via web. Forse ancora una volta Madonna anticipa i tempi e, magari chissà tra qualche anno, Internet potrebbe diventare il canale preferito non solo per ascoltare la musica, come già avviene ora, ma anche per guardare i film trasferendo il cinema sullo schermo del nostro pc.