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lunedì 8 ottobre 2007

Burton Attack!


Ritratto del regista più visionario e anticonformista di Hollywood, che di recente Venezia ha omaggiato con un leone alla carriera. Fantasia e creatività al servizio del cinema: ecco chi è Tim Burton. Tim Burton: biografia / Video: Tim Burton alla mostra del cinema di Venezia
di Maria Cristina Locuratolo 8 ottobre 2007 16:12

"Il leone d’oro alla carriera è l’onore più grande che io abbia mai ricevuto". "Una fantasia in un sogno strano". E sopratutto un leone alato "è più bello di un uomo nudo su una base circolare". Così il regista Tim Burton ha definito il meritato premio consegnatogli il 5 Settembre a Venezia dall’attore prediletto nonchè amico Johnny Depp. A soli 49 anni il cineasta californiano vanta una serie di successi, film divenuti dei veri e propri "cult", sopratutto tra i più giovani, che esprimono la persistenza di una poetica e di una fantasia visionaria. Un pensiero divergente, quello di Tim, messo a disposizione di un mezzo tanto potente quanto popolare come quello cinematografico, attraverso cui il regista è riuscito ad imporre la sua personale visione di guardare la realtà, entro i confini della quale, ha definito l’epoca in cui viviamo, costringendoci a considerarlo a tutti gli effetti un genio della contemporaneità.

Il mondo eccentrico e vibrante di Burton (che non a caso ha dato origine all’aggettivo "burtoniano") gravita verso la passione e la forza della narrazione, del cinema, dell’immaginario, senza fare troppe distinzioni tra questi elementi. Burton usa l’escamotage della fiaba per esplorare il mondo; trasforma la sua triste e solitaria infanzia, trascorsa in un sobborgo californiano, in un cupo mito, in cui le fantasie e i sogni dark di un bimbo incompreso diventano una straordinaria realtà atemporale, abitata da spettri bizzarri o malinconici freak dall’animo delicato e sensibile.

Il tema della morte, i sogni cimiteriali, gli outsiders, i mostri frankesteiniani, racchiusi in città crepuscolari ipermoderne o antiche dimore dal fascino europeo, danno vita al mondo gotico del regista, intriso di poesia e humour nero, sempre in bilico tra realtà e immaginazione. Non a caso Marco Muller, direttore della Mostra veneziana, parla di "fantasia al potere", motivando così il premio alla carriera ad un giovane regista come Burton, considerato da Muller un artista sognatore, in linea con gli altri autori, omaggiati da questo prestigioso riconoscimento alla carriera. Proprio l’anno scorso, Muller aveva premiato un altro cineasta visionario quale è David Lynch, e con Burton conferma la sua predilezione per un certo tipo di cinema, in grado di concretizzare in arte i sogni. "Tim Burton possiede un talento unico nell’impregnare di profondità emotiva le storie che racconta. Sa costruire paesaggi onirici di altissima visionarietà senza mai perdere nè integrità estetica, nè - tantomeno - la sua naturale vicinanza a personaggi fuori norma"; queste le parole del direttore della Mostra pochi giorni prima della premiazione.

Il "Tim Burton’s Day" è stato l’evento che ha celebrato e reso onore alla carriera di Burton in modo inaspettato. Basti pensare alla folla gremita che lo ha atteso, dalla notte prima, lungo il red carpet o ai trenta indomiti fans, tra cui la sottoscritta, che hanno trascorso una notte all’addiaccio, sotto una pioggia torrenziale, per accaparrarsi i pochissimi biglietti messi a disposizione per assistere alla cerimonia di premiazione. Oppure alla standing ovation dei giornalisti all’arrivo di Tim alla conferenza stampa, dopo l’anticipazione di 8 minuti della sua ultima attesa fatica "Sweeney Todd: the demon barber of Fleet Street" (in sala da Gennaio 2008), un horror musicale ambientato in una lugubre Londra Vittoriana che vede protagonisti Johnny Depp, attore-feticcio di Burton, alla sua sesta prova con il regista, e Helena Bonham Carter, compagna di Tim.

La storia, tratta da un musical di Stephen Sondheim, molto popolare in Inghilterra, forse derivata da una antica leggenda, forse ispirata a fatti realmente accaduti, apparsa nel lontano 1846 su un giornalaccio londinese e trasformata nel 1936 in un film muto, narra di un barbiere diabolico (ancora figure demoniache nel cinema di Burton dopo l’indimenticabile Joker di "Batman" e il clown inquietante di "Beetlejuice") che, finito giustamente in prigione placa la sua sete di vendetta col sangue, tagliando la testa, senza pietà, ai suoi sfortunati clienti. Una storia piena di vita, di morte, di amore e di vendetta; un film che forse segnerà un passo fondamentale nella carriera di Burton.

Il giorno dedicato a Tim si rivela una festa grandiosa, un affetto incredibile, che lascia senza parole lo stesso Burton accoglie il regista, la moglie Helena in evidente stato di gravidanza ma comunque bellissima nel suo abito anticonvenzionalmente di color viola, e l’amato Depp, vestito di bianco e nero per l’occasione. A vederlo dal vivo sembra davvero uno di quei personaggi esili e timidi disegnati dall’amico Tim. Entrata in Sala grande noto in galleria i posti assegnati a Burton, la Carter e Depp. L’attore e il regista al momento non ci sono, mi fermo a fissare quei posti vuoti per un pò con la speranza che arrivino. Helena mi nota, mi sorride e mi saluta, io ricambio. E’ il primo tuffo al cuore della serata. Vorrei avvicinarmi e parlarle ma la security mi costringe a prender posto.

Quando le luci sul palco si accendono, mi tremano le gambe e trattengo le lacrime a stento. Un Burton emozionato e imbarazzato, riceve il premio dalle mani di Johnny Depp; la Sala grande si riempe di applausi, dietro gli immancabili occhialoni scuri, si nota la commozione di Tim. Tutta la cerimonia è una celebrazione di amore ricambiato, l’amore di Tim per il suo pubblico, e di quest’ultimo per lui, l’amore di Depp per un regista che lo ha forgiato e per un amico eccezionale.Lo stesso Johnny tradisce una forte emozione, sembra quasi impacciato il divo Depp, gesticola, ha lo sguardo basso, gli trema la voce. L’abbraccio tra i due e poi la dichiarazione dell’attore che magnifica il lavoro del suo "maestro" mentre porge il premio a Burton: "E’ il mio regista preferito e un vero amico...vorrei sapere cosa fare con le mani adesso. E’ un grande piacere ed un onore per me far parte di questa cerimonia per rendere onore a un grande come Tim Burton. Ed è stato un grande onore partecipare ai suoi film. Avrei ancora tante cose da dire, ma è meglio che non dica più nulla, perchè ho l’impressione che non mi prenderebbe più nei suoi lungometraggi..." E’ poi lo stesso Burton ad omaggiare il suo pupillo Depp, definendolo "un attore eccezionale per la capacità di trasformarsi in molte creature diverse".

Il sodalizio tra Burton e l’attore ha inizio quando Johnny accetta di inguainarsi in una scomoda tuta di lattice nera ed infilare speciali guanti con lame a posto delle dita per interpretare "Edward Mani di Forbice", personaggio che il regista stesso considera suo "alter-ego" nonchè bellissima favola dark che consacra Depp al successo. I due insieme sono una miscela fantastica; Tim è affascinato dal carisma di Johnny che definisce "una esplosiva combinazione di sincerità, vulnerabilità, forza e sensualità" e ne fa una sua creatura. Entrambi hanno lo stesso modo di vedere "certe cose considerate normali e accettate dalla società, come completamente assurde". Insomma il loro è un vero e proprio matrimonio artistico. Vedere a pochi metri di distanza due talenti come Burton e Depp fa accapponare la pelle, scoprire poi la loro timidezza, condividere con loro la gioia e l’emozione di quel momento li fa sentire ancora più vicini a chi li ama, più di quanto si possa pensare. Assistere alla proiezione di una carrellata di immagini che significatamente sintetizzano l’opera burtoniana, sapendo cheproprio dietro di te ci sono Burton, la moglie e un attore del calibro di Johnny Depp è un’ esperienza indescrivibile quanto straordinaria.

Dopo la premiazione a deliziare il pubblico c’è l’anteprima di una scena di "Sweeney Todd", in cui un diabolico Depp, mai visto così folle e dark, riempe il grande schermo lasciandoci già prefigurare quella che sarà l’atmosfera del film. La sua figura è esile ma terribile, ha gli occhi cerchiati di nero, i capelli arruffati pressapoco come quelli di Burton ma con una folta chioma bianca. Non c’è che dire risulta perfetto nel ruolo, lo si capisce subito. A dividere la scena con lui, in uno dei momenti chiave del film, c’è Helena Bonham Carter, anche lei quanto mai oscura. I due eseguono insieme una canzone del musical cult di Broadway, e a sorpresa il pubblico scopre le eccezionali doti canore di Depp, dato che quelle della Carter erano già ben note, sua è la voce della sposa cadavere burtoniana a cui presta anche il volto. Le opere di Burton ci fanno sognare anche se spesso si esprimono attraverso un simbolismo oscuro e caricaturale, e questo perchè sono attraversate da parecchio senso dell’umorismo e un pizzico di speranza. Insomma una visione chiaroscurale della vita, le tenebre e la luce. E "Sweeney Todd", in questo senso non dovrebbe essere da meno, anzi potrebbe abbracciare il pensiero di Tim più di tutti gli altri film che lo hanno preceduto.

Quando poi nella sala ci vengono consegnati gli occhiali stereoscopici per la visione inedita in 3D di "Nightmare Before Christmas" film-manifesto realizzato da Burton ma diretto dal collega Henry Selick, si nota in sala l’espressione divertita di Tim, quando deve togliere i suoi occhiali per indossare quelli tridimensionali, scoprendo che sono praticamente identici. E’ come se per entrare nel mondo bizzarro di Tim sia necessario filtrare la realtà attraverso uno strumento magico che ci consenta di vedere il mondo a modo suo. Cala il silenzio in sala, inizia lo spettacolo. Lo stupore è tanto quando vediamo davanti a noi una zucca parlante, uno dei simboli più rappresentativi dell’opera di Burton. E’ stato proprio "Nightmare before Christmas" a portare Burton la prima volta al Lido, nel 1994. Da allora il feeling con il pubblico italiano è aumentato sempre più, fino al 2005 quando il regista mostrò in anteprima mondiale un altro lavoro realizzato in stop-motion "Corps Bride", riscuotendo anche quella volta consensi ed applausi.

Terminata la visione del film, vi è di nuovo una standing ovation; Tim ringrazia, si inchina al suo pubblico e va via mentre i titoli di coda scorrono sul grande schermo. E’ di sicuro un arrivederci a presto. Guardando qualsiasi film di Tim ci si rende conto come le storie burtoniane si intreccino su uno stesso filo conduttore che è Tim stesso; con impagabile generosità il regista ci offre dei frammenti di vite singolari, degli scenari quotidiani e surreali nel contempo, in cui è sempre possibile intravedere un eterno ragazzo, dai capelli arruffati, che vive al confine tra il reale e la fantasia, tra il tempo nostalgico della memoria e quello circolare della fiaba.

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