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venerdì 30 gennaio 2009

Teen movies


Commedie adolescenziali o, se preferite, teen-movies. Ovvero, film dedicati ad una precisa fascia d'età, che va all'incirca dai tredici ai diciotto anni. Un genere in cui gli stereotipi si sprecano, i personaggi si riciclano e le tematiche non mutano. Primi amori, conflitti irrisolti con i genitori, problemi scolastici e turbamenti ormonali: la formula è sempre la stessa. Le commedie adolescenziali hollywoodiane possono vantare una tradizione ben più lunga di quelle nostrane; il genere in Italia ha preso piede con i primi film di Muccino e ha ottenuto ampi consensi grazie ai libri di Federico Moccia, da cui molti di questi film hanno tratto ispirazione, creando un vero e proprio fenomeno di culto da parte dei giovanissimi. E' nato così un nuovo filone “made in Italy” che ha creato star e starlette del cinema contemporaneo quali Scamarcio, Vaporidiis e Capotondi, attori giovanissimi consacrati al successo dal pubblico dei teenagers. Ma spesso la creatività degli sceneggiatori ha dato “forfait”, tanto da dover ricorrere addirittura a brani musicali “storici” che hanno accompagnato più di una generazione, per costruire una storia che non mancasse di originalità, pur restando negli schemi. E' il caso di Albakiara, film ispirato alla celebre canzone di Vasco Rossi, che ha tra l'altro, ha il figlio del “rocker” come interprete e quello di un' altra commedia, in uscita prossimamente, Questo piccolo grande amore. Non è certo difficile riconoscere dal titolo la fonte d'ispirazione del film, diretto da Riccardo Donna, con Emanuele Bosi e Mary Petruolo. La canzone più conosciuta del cantautore romano Claudio Baglioni è il leit-motiv dell'amore tormentato tra uno studente universitario e una liceale. La storia però non si svolge ai giorni nostri, è infatti ambientata nel 1972, anno in cui Baglioni incise il pezzo. Il film sarà distribuito nelle sale da Medusa, l'11 febbraio, data ovviamente scelta “ad hoc” per San Valentino. Sulla stessa scia, Amore 14 dall'omonimo romanzo di Moccia, dal titolo vagamente evocativo, dato che richiama un teen movie cult della fabbrica hollywoodiana, Thirteen, di Catherine Hardwicke. Ma Amore 14 ha ben poco del fascino maledetto della “discesa agli inferi” delle tredicenni americane; Carolina, la protagonista, ha ancora uno sguardo disincantato sul mondo e “indossa” i suoi quattordici anni con fierezza. Certo, deve fare i conti con i genitori, la scuola, le amicizie, i primi batticuori, un fratello sbandato e violento e una sorella che si è lasciata contaminare dallo “sporco” della vita, ma dentro sé coltiva ancora i sogni e le speranze di una ragazzina. Dai 14 ai 17 anni; è questa l'età raccontata, o meglio “rivissuta” dal regista Burr Steers, con il suo Seventeen again, commedia che, per una volta, non ci mostra quanto è difficile crescere ma piuttosto quanto è difficile ritornare adolescenti una volta diventati adulti.
La commedia, divertente e brillante, racconta la storia di un quarantenne, con tanto di moglie e figli, che rimpiange le proprie scelte e diventa nuovamente un ragazzo di diciassette anni. Il teenager in questione è Zac Efron, giovane divo reso famoso dalla serie disneyana High School Musical, ma non è l'unico volto del piccolo schermo a comparire nel film; insieme a lui, Matthew Perry, il simpatico Chandler di Friends.
La “bella di turno”, si sa, non può mancare in una commedia adolescenziale. E' a lei che sono rivolte tutte le attenzioni dei ragazzi; una sorta di principessa moderna da conquistare, come nelle più tradizionali delle fiabe. I love you, Beth Cooper di Chris Columbus, ricalca questo filone, ponendo al centro della storia una ragazza, oggetto d'amore ma anche modello da emulare per le sue coetanee.
Beth Cooper ha il bel volto di Hayden Panettiere, e ovviamente è la capitana delle cheerleader della scuola; di lei si innamora Dennis, lo sfigato/secchione della scuola (altro stereotipo largamente sfruttato) che decide, coraggiosamente, di dichiararle il suo amore durante la consegna dei diplomi.
Periodicamente i teen-movies si ripropongono, a passo di danza. Il cult Saranno Famosi ha dato il via ad un genere “ibrido” che mescola commedia, dramma e musica. Un genere che pur non avendo l'ambizione del musical lo sfiora, vertendo attorno al mondo della danza e proponendo soundtracks che, il più delle volte, sopravvivono al film stesso.
E' questo il caso di Save the last dance, Honey o Step up. Quest'ultima commedia, del 2006, opera prima dalla coreografa Anne Fletcher racconta la periferia a ritmo di “street dancing”attraverso il talento di un ragazzo, Tyler. Ancora una volta è un sogno a “salvare” la vita dei protagonisti e a spianare loro una strada costellata di successi e speranze.
Il sequel del film della Fletcher, in uscita prossimamente, Step Up 2- La strada per il successo, dell'esordiente John Chu, sembra compiere un passo avanti rispetto al suo predecessore, anche se poco o nulla ha a che vedere con il primo capitolo. Più che un sequel è un film a sé che ricalca i modelli cinematografici del genere preesistenti, in primis l'inossidabile Saranno Famosi, senza nulla togliere o aggiungere alla commedia musicale. Non muta il background sociale dei protagonisti, rappresentato dalla buia e pericolosa Baltimora, ma si capovolge la storia: Andie porta gli studenti dabbene nelle strade malfamate di periferia mentre Tyler ballava la break-dance sui palchi d'élite. Il tutto condito con una storia d'amore alla Dirty Dancing ma con qualche acrobazia in più.

mercoledì 28 gennaio 2009

"Australia": un kolossal dall’anima meticcia


Baz Luhrmann, il regista visionario di Moulin Rouge e Romeo+Juliet, mette il suo genio creativo a servizio della sua terra d’origine, svelando il fascino di una natura selvaggia e il mistero di una storia dolorosa.
di Maria Cristina Locuratolo 28 gennaio 2009 12:24

In Australia Baz Luhrman veste i panni del mago di Oz: rende la sua musa Nicole Kidman una novella Dorothy, la quale si accompagna nel suo girovagare infinito ad una puledra purosangue piuttosto che ad un cagnolino, e al posto delle scarpette rosse prodigiose, indossa gli abiti di una nobildonna inglese del Novecento. Più volte Luhrmann afferma, attraverso i personaggi del film, che il valore di un uomo è nella storia che vive e racconta. E lui, da carismatico stregone, tesse con Australia una fitta tela che vorrebbe ammantare con la magia di cui è capace. L’incantesimo qui ha i colori vividi di suggestivi paesaggi; una terra arida ed incontaminata come l’Australia diviene una sorta di “isola che non c’è” grazie al talento visionario e pittorico del regista che più che un luogo, vorrebbe creare una magia, un’atmosfera dal fascino remoto, impalpabile e stregata.

Il cuore del film pulsa a ritmo del leit-motiv Over the Rainbow, pezzo reso celebre da Judy Garland, proprio nel capolavoro di Victor Fleming del 1939 Il Mago di Oz, e che qui non solo suggerisce la storia ma ne amplifica il senso. L’anima di (e dell’) Australia, questa terra “romantica e selvaggia”, come la Kidman l’ha definita, trova il suo contrappunto nell’opera fantasy, ispirata al libro di Frank Baum. Ma “oltre l’arcobaleno” questa volta non c’è incanto; Baz osa troppo, mescola i generi, passa con nonchalance dal western al musical, dalla commedia romantica al “war movie”, cambia più volte registro e sopratutto vuole trattare temi importanti in una volta sola, senza dare loro lo spazio che meritano. Quando l’aristocratica Sara Ashley narra la fiaba di Oz al piccolo aborigeno meticcio Nullah, Luhrmann come un mago sapiente illude lo spettatore, portandolo indietro di 70 anni, ricreando visivamente la scena clou del film di Fleming, quando Dorothy intona la sua canzone, con una fotografia dai toni color seppia e un cielo dipinto che lascia spazio a rêveries di nostalgica bellezza. Ma Baz si rifà anche ad altri archetipi cinematografici: in primis a Via col Vento sempre di Fleming ma anche ad altri kolossal come Lawrence d’Arabia e La regina d’Africa, drammi dalla struttura shakespeariana che gettano uno sguardo a pagine di storia ignorate, oscure o dimenticate. E così l’eterea e austera Nicole si destreggia tra il bestiame e i canguri saltellanti, sfida il “cattivo di turno” e scopre l’amore, quello sognante e sensuale per il bel mandriano dai modi rudi, Hugh Jackman, e quello materno per un meticcio australiano, un piccolo sciamano che ha negli occhi e nel cuore i misteri della sua terra. Non solo, si trasforma da elegante Lady a cow-girl, galoppando sul suo cavallo nero, Capricornia, attraverso i colori, gli odori, i suoni struggenti, e a volte spettrali, di un territorio dalla doppia anima.

Al di là dei conflitti d’interesse, del bombardamento per mano dei giapponesi e persino della storia d’amore, infatti, vi è il dramma umano delle cosìdette “generazioni rubate” ossia di quei bambini, frutto spesso di violenza da parte di bianchi ai danni di donne aborigene, strappati dal loro territorio e deportati in istituti religiosi per cancellare le tracce peccaminose della loro etnìa. Ma non basta lo sguardo magnetico di Nullah, né del suo nonno sciamano che gli fa da angelo custode, a rendere giustizia a tanta sofferenza. L’esuberanza creativa ed immaginifica di Luhrmann non riesce a ripetere il miracolo di Moulin Rouge, dove Oz era una Paris visionaria, barocca e ricca di poesia. La “magia” di Australia rischia di perdersi “oltre l’arcobaleno”, in paesaggi da cartolina, senza quell’incanto che è possibile solo attraverso l’emozione, svelando il cuore segreto di una storia per condividerla e renderla eterna. Così Australia come Oz si rivela solo un’illusione, una fantasmagorica visione che afferma il potere dei sogni e della propria terra d’appartenenza.

martedì 13 gennaio 2009

Vincitori e vinti dei Golden Globes 2009


Come ogni anno, nelle sale del Beverly Hilton hotel di Los Angeles, si è tenuta la cerimonia dei Golden Globes, la manifestazione cinematografica più importante dopo gli Oscar. Delusione per l’Italia, in lizza con "Gomorra"; premi a go go per la Winslet, globo d’oro a Mickey Rourke e all’indimenticabile Heath Ledger.
di Maria Cristina Locuratolo 13 gennaio 2009 10:18

L’Italia non porta a casa nessun “globo d’oro”. L’israeliano Folman ha sconfitto Matteo Garrone con il suo cartoon “impegnato” Valzer con Bashir che ha vinto come “miglior film straniero”. Un film innovativo, nello stile e nei contenuti, dal forte impatto visivo che ha avuto la meglio, oltre che sull’acclamatissimo Gomorra, anche sul tedesco La Banda Baider Meinhof di Uli Edel, sullo svedese Everlasting moments e sul francese Ti amerò per sempre. Il premio come “miglior film drammatico” è andato invece, come previsto, a “The Millionaire” di Danny Boyle che ha prevalso anche in altre tre categorie: regia, sceneggiatura e colonna sonora. Riconoscimento postumo per il compianto Heath Ledger, lo straordinario Joker de Il Cavaliere Oscuro che vede spianarsi sempre più la via verso l’Oscar. Golden Globe anche per il combattivo Mickey Rourke di “The Wrestler, film Leone d’oro a Venezia 2008, che si aggiudica il premio come “miglior attore protagonista” di una pellicola drammatica.

“En plein” inaspettato per Kate Winslet che trionfa come “migliore attrice protagonista” per Revolutionary Road, film in cui, dopo dieci anni dal successo mondiale di Titanic, affianca di nuovo Di Caprio e anche come non protagonista nel discusso The Reader, dove interpreta una ex nazista. Miglior commedia per la giuria è Vicky Cristina Barcelona, l’ultima fatica dell’inossidabile Woody Allen, con un cast stellare da Penelope Cruz a Scarlett Johansson, girato nel Vecchio Continente, complici il sole cocente della Spagna, i paesaggi catalani e l’arte di Gaudì. Collin Farrell si aggiudica l’ambìto premio come miglior attore protagonista, nella commedia In Bruges mentre nella stessa categoria, declinata al femminile, vince la pimpante Sally Hawkins di La felicità porta fortuna. Tra i migliori film d’animazione spicca il romantico e chapliniano robottino di Wall E, lasciando a bocca asciutta il simpatico cagnolino Bolt e il re delle arti marziali Kung fu Panda.

Migliore serie drammatica è Mad Men mentre tra gli attori prevalgono Anna Paquin di True Blood e Gabriel Byrne di In Treatment. Stravince, inoltre, 30 Rock nella categoria “musical o commedia” che viene premiata anche per i suoi protagonisti Alec Baldwin e Tina Fey. Premiata la serie tv John Adams e i suoi interpreti Laura Linney, Paul Giamatti e Tom Wilkinson, e l’attrice Laura Dern per il suo ruolo secondario nel serial Recount. L’appuntamento più importante per la Settima arte ed i suoi protagonisti è ora fissato per il 22 Gennaio, quando vincitori e vinti scopriranno le nominations per le famigerate statuette d’oro che verranno assegnate esattamente un mese dopo, durante la fatidica “Notte degli Oscar”.