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venerdì 27 febbraio 2009

Giuliano Sangiorgi: il cinema oltre la gioia dello sguardo


Breve conversazione telefonica con Giuliano Sangiorgi, in cui il il leader dei Negramaro parla delle musiche composte per il film Narciso, diretto dall’amico regista Dario Baldi, e del suo amore per il cinema.
di Maria Cristina Locuratolo 27 febbraio 2009 22:43

Giuliano Sangiorgi, leader dei “Negramaro”, gruppo italiano ai vertici delle classifiche, continua ad unire la sua passione per la musica a quella per il cinema. Il musicista salentino ha infatti “prestato” i suoi brani al film La febbre di Alessandro D’Alatri, e la sua voce ad una vecchia di canzone di Modugno, Meraviglioso, colonna sonora della commedia Italians di Giovanni Veronesi. Inoltre il cantautore, con la sua band, ha persino realizzato un rockumentary, ospite al Festival di Venezia 2007, Dall’Altra parte della luna, diretto da Dario Baldi e Davide Marengo, in cui i protagonisti raccontano le origini del loro gruppo e mostrano le fasi della realizzazione dell’album La Finestra, registrato nello storico Plant Studio di San Francisco.

Ma l’instancabile Giuliano non si ferma qui e mette la sua arte al servizio dell’amico Baldi, regista del lungometraggio Narciso, insieme al padre scomparso Marcello, morto durante la lavorazione del lungometraggio. Il film intende celebrare attraverso la storia di un uomo ottantaquattrenne, Ciso, e suo figlio Matteo, la cultura alpina di un territorio del Trentino. La storia è raccontata con semplicità e affronta temi attuali con soavità e profondità quali il rispetto per la natura, qui rappresentata nella sua sacralità, e il pregiudizio razziale e religioso. Narciso Dal Casòn è un uomo nato e vissuto in un paese della Valsugana, dove ha sempre esercitato il mestiere del malghese. É un uomo all’apparenza burbero ma sensibile, che ha cresciuto da solo un figlio, Tommaso, poiché la moglie è morta nel darlo alla luce. Compiuta la maggiore età, Tommaso abbandona il padre, attratto da paradisi artificiali e perso in suggestioni esotiche. Dopo ben venti anni “il figliol prodigo” fa ritorno a casa, portando con sé una donna indiana di religione musulmana che lo ha riportato sulla “retta via” e un bambino, nato dalla loro unione. L’arrivo della donna e di suo figlio sarà motivo di scandalo in un paese dalle radicate tradizioni cattoliche e dalla mentalità provinciale.

In occasione dell’anteprima del film, di cui purtroppo non è ancora garantita la distribuzione, il regista Dario Baldi mi ha concesso gntilmente una breve intervista telefonica con Giuliano Sangiorgi, la cui musica, non solo, di sicuro, farà da traino all’opera, ma è un vero e proprio leit-motiv che rafforza le immagini e la potenza del racconto. Le musiche di Sangiorgi sono “un film nel film”; il musicista mi spiega durante la conversazione telefonica, che i soundtracks di Narciso sono nati spontaneamente e per pura casualità. Durante la fase di lavorazione della pellicola, Giuliano ha avuto modo di vedere alcune scene del film che lo hanno emotivamente coinvolto. Così, si è messo al piano e ha iniziato a creare una colonna sonora che esprimesse musicalmente il senso delle immagini. E’ stata “la storia vecchio stile” ad aver colpito il cantante; “un film in cui vi è ancora la centralità del racconto, che si differenzia per la sua semplicità, che va controtendenza rispetto al cinema di oggi”. Parlando della Settima Arte, Giuliano dichiara di amare i film di Crialese, e in generale, “le storie che possono capitare a chiunque”.

Il cantante ritiene Narciso un film con un’ottima regia, che pone al centro del narrare, “il gesto, la straordinarietà del quotidiano” e la sobrietà che si esprime attraverso la purezza dei paesaggi del Trentino. Le musiche di Giuliano non sono un semplice sottofondo; interpretano ed amplificano il senso della storia. A questo proposito è lui stesso a dire che il cinema è un'esperienza multisensoriale, che va oltre lo sguardo poiché è “attraverso gli odori, i colori e i suoni che lo spettatore può identificarsi in una storia, in un personaggio”. La Settima Arte per Giuliano è la sintesi tra più linguaggi, quello visivo e quello musicale; una fusione imprescindibile attraverso cui trasmettere emozioni. Quando, alla fine, gli chiedo, come e quando verrà diffuso il bellissimo pezzo che accompagna i titoli di coda di Narciso, dal titolo Come te, lui non sa rispondermi. Anche perché, mi ribadisce che il progetto è stata una scelta del tutto personale e non riguarda la band. Non ci resta che aspettare l’uscita del film in sala per riascoltarlo.

giovedì 5 febbraio 2009

"Hotel Bau": Vita da cani


Dopo la storia del topolino Stuart Little, Thor Freudenthal adatta per il grande schermo 'Hotel for Dogs' di Lois Duncan, cronaca di un'amicizia tra un gruppo di ragazzi e dei teneri cani abbandonati.
Valutazione:
Giovedì 05 febbraio 2009
Sembra scoppiata una vera e propria epidemia nel cinema: la 'factory' hollywoodiana continua a 'sfornare' film sui cani di ogni razza ed età. Dal cartoon "Bolt" a "Beverly Hills Chihuahua" per finire con "Io e Marley", commedia campione d'incassi ai botteghini americani,che vede la Aniston alle prese con un cucciolo di labrador. Forse da questa 'ondata' cinofila nasce anche "Hotel Bau", una commedia esilarante per amanti dei cani e non. E' una storia tenera ed avventurosa che ricalca il modello disneyano, creata 'ad hoc' per le famiglie, ricca di buoni sentimenti quali l'amicizia e la fratellanza. Due simpatici orfanelli, la teenager Andi e il fratellino Bruce, proprietari di un bel barboncino di nome Venerdì, trasformano un albergo abbandonato in una dimora per cani randagi.
I quattrozampe si rivelano dei veri e propri attori; la scelta di non dar loro la parola li rende più veri e lascia spazio alla loro naturale espressività. Nel cast, oltre ai giovani talenti come Emma Roberts e Jake T. Austin, anche alcuni volti amati dal pubblico tra cui Lisa Kudrow, la stravagante Phoebe della serie cult "Friends", e il premio Oscar Don Cheadle. Ottima anche la scelta dei soundtracks; non canzoncine infantili ma brani pop che conferiscono ritmo al film. Come ogni favola che si rispetti la morale è facile da intuire: gli animali, in questo caso i cani, richiedono rispetto, amore, dedizione e parimenti agli esseri umani necessitano di una famiglia. Insomma il 'miglior amico dell'uomo' va davvero considerato tale.

"The Reader": L'insostenibile leggerezza del male


Dalla passione ai limiti del pudore, alla tragedia ignominiosa della Shoah. Suprema la Winslet nei panni di un'aguzzina nazista.
Valutazione:
Giovedì 05 febbraio 2009
La trasposizione cinematografica di un libro solleva sempre qualche dilemma. A maggior ragione se è un'opera-manifesto del dramma dell'Olocausto, letta dall'intera popolazione germanica. Qui non si tratta solo di tradurre dal tedesco all'inglese o di convertire il romanzo in un film, ma bensì di trasferire un'opera dal suo originale contesto, senza snaturarla, e renderla internazionale, di superare le barriere linguistiche, poste dall'inevitabile differenza dei due mezzi espressivi, il libro e il cinema, per esprimere questioni etiche universali."The Reader" racconta la torbida relazione tra Michael Berg e la misteriosa Hanna, nata quando, a soli quindici anni, fu iniziato al sesso dalla donna allora trentenne. Dopo aver perso le tracce dell'amante per molti anni, Michael, divenuto studente di legge, ritrova la donna in un'aula di tribunale, accusata di crimini contro l'umanità, scoprendo il suo lato oscuro di spietata guardia nazista ad Auschwitz, accusata di aver ucciso oltre trecento ebrei. Il tema della colpa qui sconfina dalla legalità alla moralità; un essere umano è in grado di discernere il bene dal male, deve sapere che salvare la vita a trecento persone ha la priorità assoluta rispetto all'esecuzione bieca di un ordine 'superiore'. Non vi può essere 'redenzione' o perdono né tanto meno amore per chi ha compiuto tali crimini. Eppure Daldry cerca quasi di restituire una certa umanità al personaggio di Hanna, stranamente attratto dalla letteratura, e rende quest'ultima un mezzo di espiazione ma anche di comunicazione tra due amanti. Sceglie di mostrare la violenza attraverso campi di sterminio abbandonati, riempiti solo dal vuoto di quelle mostruose violenze e dai resti consumati di migliaia di cadaveri. Attraverso il silenzio esprime l'indicibile, lo spettro onnipresente di una ferita ancora aperta, che riguarda tutta l'umanità.