
Il regista neozeladese Peter Jackson incontra la stampa a Roma per parlare del suo ultimo lavoro, Lovely Bones (Amabili resti), in Italia dal 5 febbraio 2010. Il romanzo omonimo di Alice Sebold, rappresenta un caso editoriale unico in quanto è l'opera d'esordio più venduta nella storia degli Stati Uniti. La pellicola, che segna l'atteso ritorno di Jackson dopo il successo planetario de Il Signore degli Anelli, vede protagonista l' “enfante prodige” Saoirse Ronan, la quale ha affiancato, il regista durante la conferenza tenutasi presso l'Hotel St.Regis. La storia di Suzie Salmon, una quattordicenne stuprata e barbaramente uccisa da un vicino di casa, all'apparenza innocuo, è un viaggio di amore, dolore e morte, che ha inizio in una “terra di mezzo” tra il mondo dei vivi e l'aldilà, un limbo dalle suggestioni oniriche e surreali, di forte impatto visivo e pregno di significati manifesti e latenti.
Lei quindici anni fa aveva diretto Creature del Cielo, un film nel quale due ragazze trovano pace in un mondo parallelo. Ci sono delle attinenze con Amabili Resti?
Quello è un film che abbiamo realizzato quindici anni fa. Posso capire perché la gente trovi dei modelli nella nostra filmografia, ma noi realizziamo un film alla volta, che è quello che ci interessa. Quella pellicola era ispirata a un fatto di cronaca e si basava soprattutto sul diario di una delle protagoniste, che così abbiamo dovuto visualizzare. Per Amabili resti, la questione era diversa, perché era tratto da un romanzo. Per quanto riguarda l'interpretazione di Saoirse, è stata magnifica, ma non è il caso di prendermi dei meriti, perché lei è un talento naturale, conosce la recitazione molto più di me.
Cosa l’attraeva di questo romanzo?
Naturalmente il grande tema della morte. E’ un mistero che unisce tutti gli esseri umani. In realtà non ho alcuna idea di quello che accade dopo la morte. Certo mi piacerebbe saperlo e posso solo immaginarlo. Voglio credere che avvenga qualcosa di scientifico, di razionale alla nostra anima : qualcosa che trasformi la nostra energia. Quando si muore l’energia non può essere distrutta e questo avviene per una legge fisica. Vi è un trapasso del corpo: un momento è lì, un momento non lo è più, ma si rivela sotto un'altra forma. Affrontare questo tema è stato molto coinvolgente, ma abbiamo cercato di dare alla storia anche un aspetto legato al puro intrattenimento. Potevo fare un film deprimente invece ho voluto dare un'energia positiva alla mia opera. Volevo mettere in rilievo l'umorismo di Suzie, la sua mancanza di autocommiserazione; lei sopravvive in un'altra forma, non muore mai. Amabili resti non parla di un omicidio, ma parla d’amore. Non abbiamo pensato al film in modo specifico per i giovani, ma non volevamo spaventare gli adolescenti. Penso che sia molto importante per qualsiasi film che gli elementi fantastici sembrino veri. Per due ore di intrattenimento il pubblico deve crederci. Ritengo che tra il regista e il pubblico si stipuli un patto con il quale si assume l’impegno di immaginare che le cose rappresentate siano vere. Nel Signore degli Anelli, ma anche in King Kong e in Amabili Resti, ho cercato di filmare le scene fantastiche nel modo più realistico possibile. Per seguire gli spostamenti degli attori ho utilizzato una handycam, facendo riprese in movimento così da aumentare l’effetto realistico e introdurre questo elemento di finta spontaneità.
Amabili Resti è il suo primo film americano. Come mai non ha pensato di ambientarlo in Nuova Zelanda?
Perché non avrebbe avuto lo stesso impatto emotivo. Non sarebbe stato credibile. La scrittrice è americana, a cittadina dove si svolge la storia è in Pennsylvania. La ragazzina è una piccola americana degli anni ’70, che si appresta a diventare grande in un paese in perenne trasformazione. Tuttavia considero il film neozelandese, non solo come location ma come modo di lavorare. Non è americano perché in realtà è stato girato anche in Nuova Zelanda e lì montato.
Lei fa film di grande impatto, ma preferisce restare nel suo mondo lontano dal Hollywood
Sono contento di essere una voce fuori dal coro di Hollywood. Mi considero un alieno. Non vado alle loro feste, non faccio certi film, ma solo quelli che mi attirano di più. Mi ritengo ancora un indipendente perché è salutare restare fuori dai meccanismi della grandi majors del cinema. Questo mi ha permesso di non perdere quell’entusiasmo e quella spontaneità che avevo quando giravo i primi film.
Nel film c’è una grande cura per i suoni e per la colonna sonora con pezzi anni ’70. Che ruolo svolge l’intero apparato sonoro nel film?
Ci sono due dimensioni sonore: i suoni e la musica. Tutti mi parlano di musica e della colonna sonora, ma pochi mi chiedono del suono: In Amabili resti mi sono impegnato molto sui rumori d’ambiente e sulla musica. Un buon esempio è la scena in cui la sorella di Suzie penetra in casa di mr.Harvey, quella scena è tutta sui suoni o la mancanza di suoni perchè volevo quella casa come una tomba fatta di mille piccoli suoni abitata da una persona ossessionata dai rumori che ascolta tutto e passa il tempo con i propri pensieri. Volevo rendere questa cosa. Per quanto riguarda la colonna sonora, ho pensato a Martin Scorsese e a come la colloca nei suoi film. Avevo in mente una ventina di brani musicali degli anni '70 da utilizzare, ma mi serviva qualcosa che fosse potente e affascinate. Così ho chiamato Brian Eno. Lui non è un compositore per il cinema, però ha capito subito di cosa avevo bisogno. Ha letto il libro e la sceneggiatura, e sulle suggestioni di entrambi ha creato della musica che si sposa benissimo con le immagini del film.
Cosa pensa della tecnologia 3D?
La tecnologia 3D mi piace , non sono un'integralista. I film sono intrattenimento, il 3D non è noioso: questa tecnologia aggiunge all’esperienza cinematografica. Quando il 3D diventerà di uso comune e non se ne parlerà più così tanto.
Come ha scelto Saoirse Ronan?
Non è stato facile scegliere l’attrice protagonista: ci trovavamo in America alla ricerca di Suzie, ma le ragazze provinate erano troppo moderne. E’ accaduto per caso. All’epoca del casting, Saoirse stava ancora recitando in Espiazione. Il suo agente mi ha mandato un video con delle scene in cui recitava. Sono rimasto colpito dalla sua capacità espressiva e dalla sua istintività. Una qualità che molte sue coetanee non posseggono. Così ho contattato i suoi genitori. Ho detto loro di cosa parlava il film, se il tema poteva colpire la loro sensibilità. Sono stati molto comprensivi e l’hanno perfino spinta ad accettare la parte.
Come è andato il lavoro con Stanley Tucci e Susan Sarandon?
Mentre scrivevamo la sceneggiatura abbiamo pensato immediatamente a questi due grandi attori. Il personaggio di Harvey era molto banale, perché non volevamo renderlo il classico serial killer affascinante che vediamo attualmente al cinema, come Hannibal Lecter. L'assassino di Suzie è un personaggio patetico, anonimo, blando, non un'icona pop. Un essere grigio, capace di mimetizzarsi come un albero nel giardino, come la carta da parati. Comunque, all'inizio Stanley era molto dubbioso. Abbiamo avuto tre incontri, anche in videoconferenza, in cui abbiamo parlato del film e poi gli abbiamo mandato la sceneggiatura pensando che accettasse subito. In realtà, era decisamente a disagio con il ruolo, perché è un padre di tre figli e una persona molto gentile, però essendo un ottimo attore sapeva di doversi calare in questo personaggio. Quando facevo i primi piani, i suoi occhi avrebbero dovuto esprimere questi sentimenti senza fingere. Abbiamo parlato molto della sua postura e del suo aspetto, lui sembra molto italiano ha i colori bruni così abbiamo deciso di sbiancarlo, renderlo biondo e dargli quel taglio di capelli orrendo. Avendo un aspetto del tutto differente dal personaggio quando si specchiava, Stanley si sentiva più a suo agio nel non vedere se stesso, ma qualcuno di fisicamente diverso. Per quanto riguarda Susan, era magnifica sul set. Io non l'avevo mai incontrata prima, pur avendo recitato in film meravigliosi, ma l'ho trovata divertentissima e molto simile ai suoi personaggi.
Nelle scene di suspence del film, come quelle girate a casa del serial killer, si è rifatto ad Hitchcock?
Beh, la sua influenza è notevole in alcune scene, soprattutto in quella già citata in cui la ragazza entra di nascosto della sua casa. Così, mi è piaciuto lavorare su inquadrature hitchcockiane, cosa che non mi era capitata spesso di fare nella mia filmografia. La sfida per me è stata quella di non distrarre lo spettatore. Io condivido la massima hitchcockiana «i film non sono dei pezzi di vita, ma dei pezzi di torta». Io voglio fare film per intrattenere il pubblico. Voglio dare valore all’intrattenimento che offro.
Come riesce a rendere tanto realistici i film che realizza, anche se sono fantastici?
Penso che sia molto importante che nei film con elementi fantastici i personaggi credano alla verità di quello che avviene e che tutto risulti credibile. Quando chiedi allo spettatore di compiere questo viaggio, non devi fare delle strizzatine d'occhio, come se ammettessi che sei il primo a non crederci. In questo modo, puoi credere nel film. Per esempio, nelle scene di battaglia de Il signore degli anelli ho utilizzato molta camera a mano, per dare l'impressione di riprese semidocumentaristiche e non sembrino delle classiche inquadrature con effetti speciali.
Saoirse Ronan, l'incantevole protagonista, ci parla del suo difficile ruolo:
Suzie è un personaggio complesso che cambia molto nel corso del film, è prima un'adolescente poi una giovane donna che lotta per accettare la propria morte. Ho veramente amato questa parte e la sfida di interpretarla, ho avuto grandissime indicazioni da parte di Peter. Per calarmi negli anni ‘70 ho ascoltato quella musica, visto quella tv e letto quelle riviste. Ho amato soprattutto Fleetwood mac e Talking heads.
Suzie è la tipica teenager e per me come attrice e parte del pubblico è disturbante vedere quanto fosse normale e quanto rapidamente la sua vita venga rubata. Ti fa pensare a come in poco ti possa esserti tolto tutto; molte delle persone coinvolte dal film hanno figli e tutti quanti possiamo essere spaventati o coinvolti dalla questione.
Dopo aver girato questo film sono più vicina ai bambini e al tema trattato, perchè in un certo senso posso mettermi nei loro panni, così se vedo poster che cercano bambini mi fermo sempre a guardare cosa dicono.