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lunedì 9 marzo 2009

Quando il reality supera la realtà: da "Live!" al Grande Fratello


In Live! Ascolti record al primo colpo, una spietata Eva Mendes mette in atto una guerra mediatica in cui si muore davvero. Quando lo spettacolo non deve continuare...
di Maria Cristina Locuratolo 9 marzo 2009 14:11

Andy Warhol diceva che “nel futuro tutti avranno 15 minuti di fama”. Certo il genio della pop art non poteva immaginare che saremmo andati ben oltre i quindici minuti grazie ai vari reality e talent show che proliferano sul piccolo schermo generando starlette e meteore dello show business. Ed è proprio sullo scenario dei reality che il documentarista Premio Oscar Bill Guttentag realizza il docu-fiction Live! Ascolti record al primo colpo, un film che ruota attorno l’universo mediatico e il suo complicato sistema di leggi. Emozioni catodiche, morte in diretta, esistenze in bilico messe sotto i riflettori: tutto quello che esce dalla “scatola magica”- tv segue l’imperativo categorico “The show must go on”. Ma c’è un limite etico alla spettacolarizzazione? E qual è Il confine tra realtà e finzione?Nel film di Guttentag, Eva Mendes veste i panni di una ideatrice di programmi di successo, Katy, ossessionata dall’audience e dalla concorrenza con gli altri network. Il “colpo di genio” di Katy è quello di confezionare un reality show senza precedenti, basato sulla roulette russa. In palio per i concorrenti vincitori grosse somme di denaro mentre solo per uno di loro lo show si concluderà con una eclatante uscita di scena, una revolverata in diretta.

Se tutto questo può, di primo acchito, apparire estremo, in verità, non si allontana molto dalla realtà che stiamo vivendo. L’occhio onnipresente ed impietoso della telecamera ingloba e inghiottisce la nostra quotidianità e ce la restituisce, in una versione edulcorata, piena di lustrini e di paillettes e con tanto di musica di sottofondo. Ma Live! Non è di certo il primo tentativo da parte di un cineasta di svelare i segreti meccanismi e gli inquietanti dietro le quinte di un popolare programma televisivo. Basti pensare al The Truman Show dove un eccellente Jim Carrey era vittima inconsapevole del potere incontrollato del medium televisivo che si appropria indebitamente della sua vita. Una forma dittatoriale molto simile a quella profetizzata dal Grande Fratello di Orwell dove la menzogna finisce per sostituire la verità e divenire parte della Storia. Il reality game può anche assumere forme violente e di cattivo gusto come nel film My Little Eye di Marc Evans, versione horror del Big Brother televisivo, in cui i concorrenti si ammazzano a vicenda per vincere il gioco. La stessa Katy alias Eva Mendes ricorda molto la straordinaria Nicole Kidman in To Die di Gus Van Sant, una donna vanesia e senza scrupoli in cerca di fama e di successo.

Ma la spettacolarizzazione dei sentimenti, delle angosce, delle sofferenze, forse non basta più a nutrire lo sguardo famelico del telespettatore, giacché la vita è già stata ripresa in tutte le sue forme ed espressioni, meglio svelare con sadismo e morbosa curiosità l’insondabile mistero della morte. E’ questo il caso di Jade Goody, “gieffina” inglese molto discussa per i suoi “exploit”, non ultimo le offese di stampo razzista rivolte ad una concorrente indiana, ora malata terminale, decisa a “vendere” la sua morte alle tv e ai tabloid. Eh sì, il limite è stato ampiamente superato. Se un tempo guardando le vallette seminude in tv si parlava di mercificazione del corpo, ora credo che gli aspiranti divi, senza né arte né parte, stiano dando in pasto al miglior offerente, qualcosa di ancora più prezioso: l’anima. La moralità, il senso del pudore, il rispetto per la vita e per la morte, tutta la sfera intima dell’essere umano è stata violata, resa pubblica, privata del suo valore e della sua sacralità. Per quindici minuti di fama, o poco più.

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