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giovedì 28 agosto 2008

Dante Ferretti: un artista al di fuori di ogni cliché


Tre leoni alati in volo verso il futuro è l’idea da cui lo scenografo italiano, molto amato ad Hollywood, parte per rappresentare la 65. Mostra Internazionale Cinematografica ed inaugurare il nuovo Palazzo del Cinema.
di Maria Cristina Locuratolo 28 agosto 2008 19:56

La 65. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia si presenta in grande stile con una scenografia reinventata dall’artista italiano, ben due volte Premio Oscar, Dante Ferretti. Tre leoni alati sembrano uscire dalla parete per prendere vita e spiccare il volo verso il nuovo Palazzo del Cinema che verrà inaugurato quest’anno. In primo piano si erge un maestoso leone dorato, alto ben 5 metri, emblema storico della Mostra, che squarcia lo schermo bianco davanti alla vecchia facciata e guida altri due leoni d’oro, che metaforicamente rappresentano le edizioni future della Mostra, verso l’area dove sorgerà il nuovo Palazzo del Cinema. Ferretti prosegue così il suo coerente discorso artistico, iniziato nel 2004 con la spettacolare realizzazione dei celebri sessanta leoni d’oro. Nel 2007 una grande “sfera felliniana” aveva abbattuto lo storico Palazzo, quest’anno rinnovato per l’occasione, che come di consueto fa da sfondo al red carpet su cui sfilano celebrità provenienti da tutto il mondo. Per questa edizione 2008, l’artista marchigiano predilige nuovamente il leone, secolare emblema della città veneziana, della sua antica Repubblica, ed attuale simbolo del suo Comune e della sua Provincia nonché della famosa kermesse cinematografica.

Dante Ferretti, due Oscar per The Aviator di Martin Scorsese nel 2005 e Sweeney Todd di Tim Burton nel 2008 più ben otto nominations, inizia la sua carriera nel mondo del cinema, dopo aver conseguito il diploma all’Accademia delle Belle Arti, come assistente nel film Il Vangelo Secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini e con lo stesso regista esordisce come scenografo nel 1969 in Medea. Il sodalizio artistico tra Ferretti e Pasolini dura per molti anni, e comprende varie opere, da Il Decameron nel 1971 e i Racconti di Canterbury nell’anno seguente fino a Il fiore delle mille e una notte nel 1974 e a Salò o le 120 giornate di Sodoma nel 1975. Lo scenografo collabora con numerosi registi italiani quali Elio Petri, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Luigi Comencini. Dal 1979 inizia ad interpretare con la sua arte le visioni di Fellini, fornendo un contributo alla creazione del suo mondo onirico, totalmente opposto a quello realista di Pasolini. Con Fellini Ferretti lavora per Prova d’orchestra nel 1979, La città delle donne nel 1980, E la nave va nel 1983, Ginger e Fred nel 1986 e La voce della luna nel 1990. La prima prova internazionale per lo scenografo italiano è col film Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud nel 1986. Negli anni seguenti ottiene due nominations all’Oscar, insieme alla moglie e sua abituale collaboratrice Francesca Lo Schiavo, per il suo lavoro nel film Il Barone di Munchausen di Terry Gilliam e nell’Amleto di Franco Zeffirelli.

Il debutto ad Hollywood è con Martin Scorsese, conosciuto a Cinecittà sul set di un film di Fellini, con cui sviluppa la collaborazione più intensa e duratura, da L’età dell’innocenza nel 1993 a Casinò nel 1995 e Kundun nel 1997 fino a Gangs of New York nel 2000 e The Aviator nel 2005 grazie al quale conquista, insieme alla moglie, il suo primo Oscar. Nel 2004 partecipa ad un’altra grande produzione americana, Ritorno a Cold Mountain del compianto Anthony Minghella. Ferretti si impone ad Hollywood come maestro della ricostruzione d’epoca fuori dai cliché, evitando le trappole delle convenzioni e della ripetività. Basti pensare al film Gangs of New York, in cui lo scenografo ricostruisce una New York di fine ’800 nei teatri di posa di Cinecittà o all’atmosfera cupa e suggestiva della Londra del XIX secolo di Sweeney Todd. Nel 2005 l’artista collabora con Brian De Palma per il film d’apertura della 63. Mostra veneziana e nel 2008, sempre insieme a Francesca Lo Schiavo, riceve per la seconda volta l’ambita statuetta d’oro per le scenografie di Sweeney Todd- The Demon Barber of Fleet Street del Leone d’Oro alla Carriera 2007 Tim Burton.

ll lavoro di Ferretti ci dimostra che la scenografia in un film non è solo funzionale alla trama o agli attori né serve solo per dare una collocazione geografica e temporale alla storia e ai personaggi ma è parte integrante del film, è anch’essa un personaggio o si configura come una sorta di emanazione esteriore della personalità del protagonista o come un suo prolungamento. Creatività, raffinatezza, attenzione e cura per i particolari sono i punti di forza di Ferretti; lo stesso Scorsese parlando di lui ha detto “Ferretti viene da una tradizione che gli permette di fondere una grande immaginazione con l’attenzione per i dettagli d’epoca che fungono da commento al tema del film”. Sono proprio quei dettagli che creano quell’ “altrove impalpabile” in cui una storia prende vita e lo spazio dell’immaginazione diventa reale.

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