
Peter Jackson porta sul grande schermo una storia coinvolgente emotivamente e visivamente che non ci fa per nulla rimpiangere Frodo e compagni.
di Maria Cristina Locuratolo 31 gennaio 2010 10:05
Una nuova "terra di mezzo" creata ad hoc dal Premio Oscar Peter Jackson, regista neozelandese salito alla ribalta del panorama cinematografico grazie al successo planetario della trilogia de Il Signore degli Anelli. Tratto dal bestseller di Alice Sebold, Amabili resti (per una volta il titolo italiano si adegua all’originale ovvero Lovely Bones) ruota attorno all’omicidio della quattordicenne Suzie Salmon, brutalmente stuprata e assassinata da un serial killer, suo vicino di casa. L’omicidio avviene un pomeriggio di dicembre del 1973, mentre la ragazza torna a casa da scuola. Dopo la tragica scomparsa della ragazza, adescata con gentilezza e poi condotta in un rifugio sotterraneo dal suo carnefice, il film si svolge in una “Middle-Earth”, un altrove impalpabile tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Jackson compie un vero miracolo: riesce a rendere visibile l’invisibile, che nel film assume una connotazione metafisica, attraverso un limbo in cui il reale viene trasfigurato; oggetti e luoghi della memoria vengono esasperati, diventono simboli, portatori di un senso “altro”, che rimandano sempre a qualcosa di inafferrabile, ad un “oltre” ignoto eppure percepibile. Esiste una vita dopo la morte? Esiste cioè una realtà oltre la corporeità e una possibilità di sopravvivenza al dolore per chi subisce una perdita?
Suzie è solo una bambina quando la vita le viene strappata: l’idea della morte non è maturata in lei. Anche la piccola, come i suoi cari, deve elaborare il lutto, passare dal rifiuto al dolore e infine all’accettazione. Il passaggio dalla vita alla morte consente alla vittima di sopravvivere sotto un’altra forma, di trasformarsi in energia, di continuare ad esistere attraverso la memoria e l’amore della sua famiglia. Suzie è testimone del dolore dei suoi genitori, dei suoi fratelli, del ragazzo di cui si stava innamorando; attorno alla sua assenza e al suo ricordo ognuno di essi, tranne la madre che nega a se stessa il dolore, ristabilisce un contatto con la defunta. Attorno a quegli “amabili resti”, oggetti del quotidiano o memorie sfocate, si crea una nuova vita: attraverso di essi, Suzie non abbandona del tutto il mondo terreno, e chi la ama continua a tenerla viva. Il mondo di Suzie è ricco di suggestioni oniriche; gli scenari su cui si muove sono surreali, eccedono nei colori e nelle forme. Jackson attinge a piene mani ad un immaginario collettivo, si rifà ad una certa iconografia tradizionale e trae spunto da una certa visionarietà pittorica, dai quadri di Van Gogh (il campo di granoturco) a Magritte (i modellini ingigantiti del padre di Suzie) a Dalì (gli orologi).
La sur-realtà di cui si serve il film per costruire visivamente un non-luogo rende, per certi versi, Amabili resti, una sorta di fiaba dark in cui Suzie appare una sperduta Alice, inghiottita dalla tana del cattivo Bianconiglio/Mr. Harvey, e catapultata in una realtà alterata, terribile e meravigliosa, un mondo perfetto ed impenetrabile come la sfera di vetro innevata con cui la bimba gioca nella scena d’apertura. Il limbo di Suzie è uno specchio che, da un lato, riflette gli stati d’animo della bambina, dall’altro le restituisce uno sguardo sul mondo che ha lasciato, sguardo che viene ricambiato in un gioco di sovrapposizioni tra le due dimensioni. Il film si muove su una linea sottile tra visibile e invisibile, tra suoni, voci, silenzi, luci e ombre. Scatta chiaroscurali istantanee di una vita che scorre, inesorabile. Di un dolore, una rabbia, un’urgenza di vendetta che non passa con il tempo. Amabili resti è un’opera che attraversa trasversalmente generi diversi, dal dramma alla ghost story, dalla commedia al noir, si avvale di un cast straordinario, dalla talentuosa Saoirse Ronan, ai Premi Oscar Rachel Weisz e Susan Sarandon, all’imperturbabile assassino Stanley Tucci, in corsa verso l’Oscar per questa interpretazione, l’inedito Mark Wahlberg, e ci incanta grazie al genio musicale di Brian Eno. Un film che tocca l’anima in diversi modi, senza cadere nella commiserazione, e lascia intravedere una luce, rivelandosi spontaneamente come un’epifania.
Nessun commento:
Posta un commento